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venerdì 10 agosto 2007

I FILOSOFI E LE DONNE

I FILOSOFI E LE DONNE
La riflessione filosofica sulle donne e sulla differenza tra i sessi è senza alcun dubbio uno dei punti cruciali della storia, come frattura politica, trasformazione economica dell’epoca moderna, e dell’eternità delle questioni filosofiche.
Nel XIX secolo, nasce una riflessione filosofica sulla differenza sessuale e in particolare sul matrimonio. Fichte, Kant e Hegel rappresentano le diverse posizioni. Per Fichte il matrimonio è una «unione perfetta», basata sull’istinto sessuale dei due sessi e non ha alcun fine fuori di sé, costruisce un «legame» tra due persone, questo legame è l’amore, e «l’amore è il punto in cui si riuniscono nel modo più intimo natura e ragione» ed è tale rapporto tra natura e ragione a creare lo spazio giuridico, la legge interviene solamente quando il matrimonio esiste, anteriormente alla legge dunque, la donna si sottomette all’uomo per un atto di libertà.
La posizione di Fichte si distingue nettamente da quella di Kant che concepisce il matrimonio come «contratto», il che equivale a dire che non si tratta solamente del «commercio naturale tra i sessi», espressione di una «semplice natura animale»: il matrimonio ha luogo in base alla legge; il piacere degli organi sessuali dell’uomo per mezzo della donna, e viceversa, non è accettabile che attraverso tale reciprocità del possesso giuridico, da cui il contratto. A ciò si aggiunge la legge che afferma che l’uomo comanda e la donna ubbidisce.
Hegel da parte sua, alcuni anni dopo, esprime il proprio orrore nei confronti della teoria di Kant e afferma che il matrimonio è un fatto morale immediato in cui la vita naturale si trasforma in unità spirituale, in «amore cosciente». Né unione, né contratto: il matrimonio è la costituzione di «una persona» partendo da due consensi. Il matrimonio costituisce innanzitutto un vincolo morale; il diritto interviene soltanto nel momento della dissoluzione della famiglia, persona unica essa stessa, quando ciascuno dei suoi componenti diviene una «persona indipendente». Il matrimonio costituisce «una libera azione morale e non un’unione immediata di individui naturali e dei loro istinti». Il capo della famiglia, l’uomo, è la persona giuridica.
Le tre posizioni, differenti riguardo la natura sessuale, l’aspetto giuridico nella relazione tra uomo e donna, e la moralità che si inserisce in tale rapporto, concordano nell’uguale accezione della dipendenza femminile, dell’abbandono di sé compiuto dalla donna nel matrimonio e nella famiglia. Contemporaneamente, Kant e Fichte, avvalorano la loro argomentazione con un enunciato essenziale, quello della pari libertà della donna rispetto all’uomo, e dell’eguale raziocinio nei due sessi. Per Kant ciò è garantito dalla reciprocità del possesso giuridico fondata, a sua volta, sul consenso di entrambi, prova stessa della loro libertà. Un essere libero è necessariamente un essere razionale. Kant sostiene che è l’essere razionale che è nella donna a votarla al suo unico compito di riproduttrice della specie. La dipendenza coniugale, come la sottomissione alla vita della specie, non sono incompatibili con la libertà e il raziocinio della donna, e sono compatibili con l’eguaglianza di tutti gli esseri umani, in particolare l’eguaglianza tra uomo e donna.
Secondo Fichte, la donna afferma (e conserva) la propria dignità di essere umano divenendo un mezzo (quello di soddisfazione dell’uomo), cessando di essere fine a se stessa, cosa che essa fa in piena libertà.Se ciò si chiama amore, «forma sotto la quale si manifesta nella donna l’istinto sessuale», è perché, contrariamente all’uomo, la donna non può confessare a se stessa il proprio istinto sessuale, cosa che equivarrebbe alla rinuncia della propria dignità. Proprio tale dignità della ragione impone alla donna di divenire mezzo, ovvero «il mezzo del proprio fine». Da ciò si deduce che la dipendenza impedisce alla donna di essere «una personalità civile» (Kant) e che se essa è «cittadina» (cosa cui Fichte tiene) affida necessariamente all’uomo la rappresentanza comune della cittadinanza.
Hegel si sofferma sulla divisione tra spazio domestico e spazio pubblico, divisione tra due razionalità: una tesa verso l’autonomia e l’attività universale, l’altra chiusa nella passività e nell’individualità concreta; una indirizzata verso lo Stato, la scienza e il lavoro, l’altra rivolta alla famiglia, e alla creazione della moralità.
Riguardo al rapporto di eguaglianza e di disuguaglianza tra i sessi, secondo Hegel la donna può essere figlia, sposa e madre, e sorella, ma solo quest’ultima relazione è paritaria nei confronti dell’uomo; e nella divisione tra la famiglia e la comunità politica (la città) solo l’uomo passa dall’una all’altra.
Con Kierkegaard il matrimonio diventa il cardine del problema. La sua riflessione si sposta sull’amore, amore dell’altro, successivamente amore del vero (e da qui all’amore di Dio), erotismo carnale ed erotismo filosofico. Da qui la distinzione dei tre registri in cui l’amore ha modo di esprimersi: sul piano estetico l’amore è legato all’istante, sul piano etico al tempo, e sul piano religioso all’eternità. L’uomo non può rinunciare al rapporto con l’eternità, il suo essere finito non può sostenersi che in rapporto all’infinito; paradosso espresso dal conflitto tra la carne e lo spirito. Troveremo quindi l’eternità nell’estetica e nell’etica (spesso lo stadio del matrimonio) e l’estetica nel religioso.
Feuerbach critica la religione come proiezione dell’uomo in cui Dio non è che l’immagine replicata dell’uomo, immagine in cui le particolarità, soprattutto la differenza sessuale, sono state soppresse a favore di un vuoto universale: «La vita senza un compagno o una compagna, la vita ascetica in generale, rappresenta la via diretta verso la vita immortale del cielo, in quanto il cielo non è altro che vita assolutamente soggettiva, sovrannaturale, liberata dal genere e dal sesso […].Ma il corpo non è niente senza la carne e il sangue […] Ma la carne e il sangue non sono nulla senza l’ossigeno della differenza sessuale. La differenza sessuale non è un elemento superficiale o limitato solamente ad alcune parti de corpo; essa passa attraverso midolla e ossa […] La personalità si divide in maniera essenziale in personalità maschile e personalità femminile. Laddove non vi è un Tu non vi è un Io». Feuerbach riprende l’opposizione tra maschile e femminile per dimostrare in che cosa la differenza non potrebbe sussistere senza unirsi e completarsi in vista di un’armonia futura.
Alla metà del XIX secolo, all’indomani della Rivoluzione, con l’affacciarsi del femminismo come movimento sociale e politico la dialettica filosofica sulle donne cambia natura e alcuni filosofi assumono verso le donne un atteggiamento favorevole.
Marx, secondo il quale la famiglia è una realtà storica che si evolve, si pronuncia a favore della monogamia e del divorzio (nessuna sacralizzazione della famiglia come in Hegel) e rifiuta il comunismo primario che comporta la comunanza delle donne. Il capitalismo moderno immettendo donne nel mercato del lavoro (come produttrici al di là della loro funzione di riproduttrici) le sottrae allo spazio della vita privata familiare, avviando, in tal modo, un processo di liberazione delle donne. Marx , nei Manoscritti del 1844, tenta di definire la famiglia come primo rapporto sociale e la donna come l’essere naturale che consente all’uomo di creare questo primo rapporto sociale; così si sviluppa un rapporto umano al di là della relazione di natura, così la famiglia costituisce il passaggio tra natura e società, l’elemento primo di qualsiasi società. In questa successione, la donna diviene la prima proprietà dell’uomo (sua schiava, come i figli). È quindi logico che nella società capitalistica essa sia ridotta a merce. La donna originariamente è un essere di natura e diventa successivamente un oggetto commerciale: solamente l’evoluzione della famiglia e dell’insieme dei rapporti sociali è in grado di restituirle la sua umanità. Marx dichiara che la donna può cessare di essere uno strumento di produzione (familiare e sociale) per diventare una lavoratrice all’interno del sistema produttivo, e un essere autonomo nella vita privata.
È con Stuart Mill che la condizione della donna viene analizzata come una condizione di schiavitù, e il contrario di schiavitù è la libertà, per questo Mill è critico nei confronti della tesi secondo la quale l’interesse della donna si verrebbe a confondere con quello dell’uomo, l’unico abilitato a partecipare alla cosa pubblica, in particolare il diritto di voto. Se esiste la libertà, questa non può essere delegata , e ogni individuo ne fa uso. La donna come l’uomo; tanto nel diritto politico che nel diritto civile, nella collettività come nello spazio domestico. Il matrimonio non può quindi annullare il diritto della donna. La fine della schiavitù prelude alla libertà e all’emancipazione del soggetto.
Darwin, teorico dell’Origine della specie, non sembra dare grande importanza al problema dei sessi, eppure nell’opera La discendenza dell’uomo, sostiene che la selezione naturale, accompagnata dalla selezione sessuale, ha privilegiato l’uomo divenuto superiore alla donna.