quarta di copertina da "I Simpson e la filosofia"

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sabato 4 agosto 2007

SIGMUND FREUD

SIGMUND FREUD
VITA E OPERE
Sigmund Freud nacque il 6 maggio 1856, da una modesta famiglia israelitica, a Freiberg (Moravia). A Vienna dove la famiglia si era trasferita quattro anni dopo la sua nascita, si iscrisse dapprima alla facoltà di Scienze, dedicandosi con alcuni successi alla ricerca pura e, successivamente, a causa di problemi economici, a Medicina. Nel 1881 si laureò. Quattro anni dopo ebbe la libera docenza in neuropatologia ed una borsa di studio; ne approfittò per andare a Parigi, alla Salpêtrière, da Charcot, il più grande neurologo europeo di quei tempi. Per la cura degli isterici Charcot si serviva dell'ipnoterapia ed in quegli anni l'interesse di Freud per l'ipnosi divenne vivissimo. Dell'ipnosi per la terapia dei casi isterici si serviva anche a Vienna il dottor Joseph Breuer. A partire dal 1887 Freud iniziò a collaborare con lui. Da questa collaborazione, che durò sino al 1895, Freud ricavò alcune acquisizioni che resteranno essenziali per la terapia dell'isteria e di altre nevrosi. I risultati di questo lavoro comune furono pubblicati nell'opera Studi sull'isteria apparsa nel 1895. Motivi teorici e pratici e in massima parte una sostanziale diversità di interessi provocarono il graduale allontanamento di Freud da Breuer, allontanamento che si compì, come abbiamo già accennato, poco dopo la pubblicazioni degli Studi. A partire dal 1895 Freud iniziò la propria autoanalisi che si concluse nel 1900. Freud che aveva conseguito la libera docenza nel 1885 ottiene la carica di professore straordinario all'università di Vienna nel 1902 e, in seguito, nel 1920, di professore ordinano. Tali riconoscimenti erano dovuti al suo prestigio di neuropatologo, infatti in quegli anni la psicoanalisi era ancora fraintesa o ritenuta scandalosa ed oggetto di accuse e di polemiche, tuttavia aveva iniziato, sia pure lentamente, a diffondersi. Nel 1902 si costituì un primo gruppo di Vienna, con segretario Otto Rank, nel quale si ebbero, già le prime ripicche per questioni di priorità. Nel 1907 si strinsero i primi rapporti con il Bürghölzli, la clinica psichiatrica di Zurigo, e cioè con Bleuler ed i suoi assistenti Eitington e Jung, che dovevano ben presto dar luogo alla pubblicazione d'una rivista di studi comuni, lo «Jahrbuch fuer Psychologie und Psychopathologie». Questa collaborazione consentì una maggiore diffusione della psicoanalisi, grazie alla istituzione di una associazione privata ed all'insegnamento che pubblicamente se ne faceva da una clinica di così grande risonanza. In quegli anni Freud aveva pubblicato alcuni importanti lavori: Psicopatologia della vita quotidiana (1901), Tre saggi sulla sessualità (1905), Il motto di spirito e la sua relazione con l'inconscio (1905). Nel congresso di Norimberga, tenutosi nel 1910, fu fondata una Associazione ufficiale degli psicoanalisti a capo della quale venne eletto Jung. Negli anni seguenti si tennero altri congressi, a Weimar (nel 1911) e a Monaco (nel 1913), e questi contribuirono a far uscire definitivamente la psicoanalisi dalla sua preistoria. Nel febbraio del 1923 Freud avvertì i primi sintomi di un male che si rivelò un cancro alla mascella. Egli conservò, tuttavia, la sua straordinaria vitalità; continuò il lavoro di analista e di scrittore; volle rimanere sempre consapevole e presente a se stesso, rifiutando ogni pietoso inganno; nonostante i dolori, non prendeva calmanti, per non ottundere la propria usuale chiarezza intellettiva. Aveva continuamente accanto, in un rapporto sempre più stretto, la figlia Anna, cui era legato, dice Jones, da "una reciproca, profonda, silenziosa comprensione e simpatia". Anna era la sua compagna, la segretaria, l'assistente, la collaboratrice. Nel 1933 i nazisti prendono il potere in Germania; nonostante i cattivi presagi di un'aggressione all'Austria e le ripetute esortazioni degli amici, Freud non acconsente a lasciare Vienna. Vi si deciderà solo cinque anni più tardi, di fronte all'Anschluss. Nel 1938, dunque, si trasferisce con la famiglia a Londra, dove muore l'anno seguente il 23 settembre. La letteratura esistente sulla vita e sull'opera di Sigmund Freud è amplissima ed è, quindi, impossibile darne in questa sede un quadro sia pure sommariamente esaustivo. Ci si limiterà a ricordare qui di seguito le opere principali pubblicate dallo studioso viennese: Studi sull'isteria (1895); L'interpretazione dei sogni (1900); Psicopatologia della vita quotidiana (1901); Tre saggi sulla sessualità (1905); Il motto di spirito e la sua relazione con l'inconscio (1905); Il caso di Dora (1905); Delirio e sogni nella Gradiva di Jensen (1907); Il caso del piccolo Hans (1909); Il caso dell'uomo dei topi (1909); Sulla psicoanalisi. Cinque conferenze (1910); Un ricordo d'infanzia di Leonardo da Vinci (1910); Totem e tabù (1913); Storia del movimento psicoanalitico (1914); Il caso dell'uomo dei lupi (1918); Al di là del principio del piacere (1920); Psicologia collettiva e analisi dell'io (1921). A partire dal 1968, a cura di Cesare Musatti, presso l'editore Boringhieri di Torino è iniziata la stampa in traduzione italiana delle Opere di Freud. Dalla Newton Compton nel 1992 sono state pubblicate le opere e gli scritti minori di Freud in due ampi volumi: Opere 1886-1905 e Opere 1905-1921.

L'INCONSCIO E LA RIMOZIONE
Avvalendosi della tecnica dell'ipnosi, usata da Charcot e da Freud, Breuer era riuscito a far ricordare alla paziente Anna O. eventi traumatici connessi all'insorgere di sintomi di isteria. Accorgendosi però che nella paziente si stava sviluppando una forma di dipendenza e di amore nei suoi confronti (il cosiddetto transfert ), Breuer aveva interrotto la terapia; Freud andava convincendosi che l'origine dei sintomi isterici fosse di natura sessuale e, più precisamente, che risiedesse in traumi sessuali conseguiti nella prima infanzia. In un secondo tempo Freud si distaccherà da questa interpretazione, riconoscendo che non é necessario che eventi traumatici siano realmente avvenuti, ma é sufficiente che essi siano immaginati e pensati per originare i loro effetti perniciosi. Freud ha il sentore che al centro di questi disturbi vi siano conflitti tra forze psichiche contrapposte: da un lato, pulsioni che premono per scaturire alla coscienza sotto forma di emozioni e di rappresentazioni e, dall'altro lato, resistenze che bloccano loro la strada verso la coscienza. Per spiegare tutto questo, Freud reputa necessario introdurre le nozioni correlate di inconscio e di rimozione. Prima, di solito, la sfera della psiche era identificata con quella della coscienza, in grado di esercitare un dominio sugli istinti e di svolgere le mansioni di motore delle azioni. A parere di Freud, invece, per spiegare i fenomeni psichici bisogna tener conto della distinzione tra un livello conscio e uno inconscio e attribuire a quest'ultimo un'azione causale sul primo; da questo deriva che i moventi del comportamento umano, sia normale sia patologico, hanno la loro ubicazione più che nella zona trasparente della coscienza, nel profondo dell'inconscio. Per Freud il modello della spiegazione scientifica combacia con la spiegazione causale propria del positivismo, ma egli é del parere che non si disponga ancora di conoscenze biologiche e neurologiche sufficienti per spiegare in base ad esse i fenomeni psichici, anche se questa speranza non la lascerà mai definitivamente. Freud é convinto di poter spiegare con l'inconscio, concepito come forza attiva, avente proprie finalità e operante con una logica propria, diversa dalla logica della vita cosciente, il meccanismo della rimozione: é un'operazione con cui si cerca di respingere le rappresentazioni (ricordi, pensieri, immagini) legate a certe pulsioni che di per sé generano piacere, ma che per altri aspetti generano dispiacere. La rimozione supera questo conflitto, mantenendo nell'inconscio queste rappresentazioni, le quali però, sebbene siano apparentemente dimenticate, continuano a premere, cercando soddisfazioni sostitutive: i sintomi somatici dell'isteria esprimono proprio ciò che é stato rimosso, sebbene lo esprimano in maniera deformata. Ma come é possibile forzare la barriera data dalla rimozione, arrivare all'inconscio, ricostruendo il passato rimosso, e curare la nevrosi? Per Freud questa via d'accesso é data dall' analisi dei derivati dell'inconscio. Essa non si effettua per via ipnotica, tanto meno con l'elettroterapia, nè tramite interrogazioni insistenti del paziente, ma tramite la tecnica delle associazioni libere , la cui regola fondamentale consiste nell'incitare il paziente a dire tutto quel che gli viene in mente e che egli collega immediatamente a parole, immagini di sogni e rappresentazioni in generale, senza tralasciare nulla, nemmeno ciò che può sembrargli irrilevante, ridicolo o spiacevole. Il fine é principalmente quello di eliminare qualsiasi selezione volontaria di pensieri e, dunque, le resistenze messe in opera dal paziente; e Freud mette in evidenza anche l'importante ruolo svolto dalla relazione affettiva che si crea tra l'analizzato e l'analista, ossia dal transfert , nell'indurre il nevrotico a lasciare le sue resistenze, cioè tutto quel che nei suoi discorsi e nei suoi gesti gli impedisce di accedere a quei conflitti psichici, di cui non ha coscienza ma che generano la nevrosi.

L'INTERPRETAZIONE DEI SOGNI
Una via privilegiata per addentrarsi nell'inconscio é per Freud data dall' interpretazione dei sogni ; la cosiddetta autoanalisi, cioè l'analisi che Freud mise in atto sulla propria persona, fu portata avanti in buona parte sul materiale che i suoi stessi sogni gli offrivano. Nel 1900 appare L'interpretazione dei sogni , che può venir considerata il vero e proprio manifesto della psicoanalisi; stando a Freud, il sogno non é l'inconscio e basta, ma é solo una delle sue manifestazioni, la quale, se opportunamente interpretata, permette di accedere ai contenuti repressi e al modo di lavorare dell'inconscio stesso. Durante il sonno infatti la censura messa in atto dalla coscienza si affievolisce e così l'inconscio, coi suoi desideri rimossi, preme con più intensità e genera tensioni; il sogno, presentando all'immaginazione come realizzati i desideri inconsci, rende possibile la liberazione di queste tensioni: in questo senso, il sogno viene concepito da Freud come l' "appagamento di un desiderio ". Ma questa realizzazione si attua in forma allucinatoria, tramite mascheramenti e deformazioni, effettuate dalla censura della coscienza stessa, che, sebbene affievolita, può ancora dire la sua: il fine di queste deformazioni é di rendere accettabili alla coscienza i contenuti rimossi. In ciò consiste il lavoro onirico . Il sogno ha un contenuto manifesto , quale appare al sognatore che racconta il proprio sogno: esso può risultare incoerente o anche prendere la forma di una storia dotata di una certa coerenza, ma il racconto dei propri sogni fatto dai sognatori é sempre un'elaborazione secondaria, ovvero un rimaneggiamento che porta a renderli, in linea di massima, comprensibili. Il vero significato del sogno non é quindi in questo livello, ma sta nel contenuto latente che é stato trasformato dal lavoro del sogno, dando luogo al contenuto manifesto. Il contenuto latente va allora ricostruito ripercorrendo all'indietro il lavoro svolto dal sogno: e proprio in questo consiste l' interpretazione dei sogni, che risale dal sogno come risultato finito agli elementi per i quali é stato composto secondo regole e meccanismi specifici. Il sogno infatti non é un fenomeno arbitrario e casuale, che esula totalmente dalla logica, bensì é il risultato di un lavoro dell'inconscio, che lavora secondo una propria logica, diversa da quella della vita conscia che noi conosciamo. In primo luogo, esso dà una veste visiva anche ad elementi che non sono tali da averla, come desideri o pensieri; inoltre, le componenti del sogno sono formazioni sostitutive, ossia simboli , rappresentazioni indirette e figurate di conflitti o desideri inconsci: si tratta allora di individuare che cosa simboleggi ciascuna componente del sogno. Ma questo é possibile solamente tenendo in considerazione le regole 'sintattiche' che presiedono al collegamento di questi disparati elementi: queste regole sono essenzialmente la condensazione e lo spostamento; la condensazione é la tendenza ad imprimere tramite un solo elemento più elementi connessi tra loro, ad esempio rappresentando due individui mediante un unico tratto comune o tramite un'assonanza tra i loro nomi e così via; questo vuol dire che, in una certa misura, il contenuto manifesto del sogno contiene sempre abbreviazioni rispetto a quello latente. Lo spostamento consiste nel trasferimento di interesse da una rappresentazione ad un'altra, trasferimento che permette, grazie ad associazioni, di passare dai contenuti rimossi ad altri che appaiono più neutri sul piano emotivo. Tenendo presenti queste regole, l'interpretazione può arrivare alla decifrazione del sogno, il quale al termine dell'analisi non sembrerà più un semplice racconto fatto per immagini, ma un insieme organizzato e ragionato di pensieri, tramite il quale si esprimono i desideri risalenti al passato, per lo più all'infanzia. A parere di Freud, la censura che impedisce l'emergere alla coscienza di contenuti rimossi opera non solo nel sogno, ma anche in altri comportamenti della vita quotidiana, come nelle amnesie temporanee, per esempio di certe parole, o nei lapsus , in cui una parola viene detta anziché un'altra, o in determinati gesti automatici o involontari, o, ancora, nei motti di spirito. Per lo più questi sono atti mancati , cioè azioni in cui il risultato apertamente perseguito e solitamente raggiungibile non viene raggiunto, ma é sostituito con un altro atto. Solitamente questi comportamenti sono attribuiti al caso o alla distrazione, cioè ad una riduzione della soglia della coscienza; in realtà per Freud essi sono comprensibili solo ammettendo l'esistenza dell'inconscio, già a suo tempo individuato da Leibniz, che lavora esprimendo contenuti riconducibili a qualcosa di rimosso, ma sottoponendoli al tempo stesso a deformazioni. Freud scrive alcune opere su questi argomenti, come Psicopatologia della vita quotidiana (1901) e Il motto di spirito e la sua relazione con l'inconscio (1905). Da essi si può evincere che anche le attività coscienti dell'individuo normale possono essere perturbate dal riaffiorare di contenuti rimossi, che si estrinsecano in questi comportamenti. Ma la presenza di elementi patologici nella vita normale e di ogni giorno trova ulteriore conferma nella scoperta dell'esistenza di una sessualità infantile.

LE PULSIONI E LA LIBIDO
Freud, con l'interpretazione dei sogni applicata ai suoi pazienti, é giunto a scorgere in essi la presenza di desideri sessuali risalenti all'infanzia. Tramite l'analisi dei propri sogni, ricostruendo il proprio passato rimosso e le resistenze nei confronti di esso, egli é anche arrivato a scoprire che già nell'infanzia vi sono desideri che hanno per oggetto i propri genitori; una rappresentazione mitica di questo é data dalle vicende di Edipo, il protagonista di alcune tragedie di Sofocle, che senza accorgersene sposa sua madre e uccide il proprio padre. Questo sta a simboleggiare l'evento inconscio, l'amore per il genitore di sesso opposto e la rivalità nei confronti di quello dello stesso sesso, che ad un certo punto subentra a strutturare la sessualità infantile. Freud dedicherà all'indagine di questa tematica, con particolare riferimento al bambino di sesso maschile, i Tre saggi sulla teoria sessuale, del 1905. Era concezione diffusa che la sessualità fosse connessa solo all'attività e al piacere, dipendenti dal funzionamento dell'apparato genitale, e, dunque, che essa fosse sostanzialmente una prerogativa della vita degli adulti; Freud invece non limita la sessualità al solo uso dell'apparato genitale, ma include in essa tutte le eccitazioni e le attività che provocano un piacere non riconducibile al semplice appagamento di bisogni elementari, come la fame o la sete. Alla base di questa concezione della sessualità stanno i concetti di libido e di pulsione; la libido é un'energia di natura sessuale, che cerca soddisfacimento ed é suscettibile di aumenti e di diminuzioni; essa sta alla base delle trasformazioni delle pulsioni , che non sono istinti ereditari, ma processi psichici in movimento, che hanno la loro fonte nell'eccitazione che si attua in qualche organo del corpo. Questa eccitazione causa uno astato di tensione e, dunque, una specie di impulso che fa tendere ad una meta, che consiste nell'eliminazione di tale stato di tensione; la meta, dal canto suo, può essere raggiunta o nell'oggetto verso il quale tende la pulsione stessa o in virtù di esso, ma questo oggetto non é fisso e identico per tutti, ma cambia a seconda della specificità delle storie individuali e delle fonti da cui può essere dipendente. La libido e le pulsioni ad essa connesse possono infatti spostarsi di volta in volta in zone privilegiate del corpo, dette zone erogene, a ciascuna delle quali corrispondono fantasie particolari, sostanzialmente inconsce; la sessualità infantile si muove passando attraverso fasi collegate a zone erogene diverse. Di fasi Freud ne ravvisa tre e le chiama, rispettivamente, orale, anale e fallica. La fase orale é finalizzata al piacere autoerotico, cioè ad un appagamento raggiunto solamente tramite il proprio corpo, senza bisogno di oggetti estranei: esso si esprime nella sunzione del dito, che vuole essere una sostituzione del seno della madre. La seconda fase affiora con lo sviluppo della muscolatura anale ed é connessa agli incitamenti materni ad eseguire movimenti di espulsioni e trattenimento delle feci, che assumono quindi un carattere ambivalente, buono e cattivo allo stesso tempo. Solo nella terza fase, quella detta “fallica”, le pulsioni parziali sono unificate sotto il primato dell'apparato genitale e si orientano verso un oggetto esterno, il più vicino, ossia la madre; ne consegue un odio per il padre, che incarna il divieto all'incesto. Si crea così, all'incirca al terzo anno di vita, il complesso di Edipo , in cui l'inferiorità nei confronti del padre e il timore di castrazione, modello di ogni privazione, provocano un'angoscia che, in un secondo tempo, viene risolta abbandonando la rivalità con il padre, che viene visto come aggressore, ed assimilandosi e identificandosi con lui: così scompare il complesso di Edipo e comincia a predominare l' interesse narcisistico per se stessi e il bambino, interiorizzata l'autorità paterna, risulta particolarmente disponibile ad essere educato alle norme e ai valori della condotta socialmente riconosciuta; quando non avviene un'evoluzione tramite queste fasi, ma si ha una fissazione o una regressione a fasi antecedenti rispetto al primato della genitalità, si producono, in età adulta, perversioni e nevrosi, cioè manifestazioni patologiche di ciò che invece nel bambino costituisce lo sviluppo normale.

LA METAPSICOLOGIA
La psicoanalisi, nata come terapia delle malattie nervose, aveva con Freud ampliato i suoi confini, arrivando a lambire interessi che prima ignorava: essa poteva ora presentarsi come una disciplina, in grado di accedere a nuove conoscenze pertinenti alle leggi che presiedono al funzionamento della psiche in generale, non solo quando si trova in condizioni patologiche; per definire la dimensione più propriamente teorica di questa nuova disciplina, Freud inventò il termine metapsicologia. Intanto, già intorno al 1906, si stava formando intorno a lui una vera e propria scuola; nel 1908 in un congresso di Salisburgo veniva fondata la Società psicoanalitica, che aveva il proprio giornale ufficiale, col titolo «Jahrbuch für Psychoanalyse». Nel 1909 Freud effettuava un viaggio negli Stati Uniti, dove cominciavano ad attecchire le sue scoperte. Tuttavia u po’ di tempo dopo si verificarono le prime secessioni nella Società psicoanalitica: nel 1911 da parte di A. Adler, nel 1913 di Carl Gustav Jung, che Freud avrebbe voluto come suo successore, e poi di molti altri. Dal 1911 Freud sofferma la sua attenzione sulle indagini di metapsicologia, di cui distingue tre aspetti: dinamico, topico ed economico.
Dinamica é la considerazione dei fenomeni psichici, che risultano dai conflitti e dalla composizione di forze di origine pulsionale; topica (dal greco topos = luogo) é la considerazione dell'apparato psichico come un insieme di sistemi dotati di funzioni differenti, connesse fra loro; infine, economica é la considerazione che si fonda sull'ipotesi che i processi psichici consistano nella circolazione e distribuzione dell'energia pulsionale, suscettibile di quantificazione, cioè di equivalenze, aumenti o diminuzioni. Alla base dei fenomeni psichici vi é un principio economico, che Freud definisce principio del piacere che ha la funzione di evitare il dispiacere e il dolore, legati all'aumento della quantità di eccitazione e di provocare, invece, il piacere, connesso alla riduzione stessa dell'eccitazione. A questo scopo provvede il principio del piacere, scaricando la tensione e, quindi, ripristinando uno stato di equilibrio, mediante l'appagamento del desiderio, ma ciò avviene per via allucinatoria, grazie a soddisfazioni sostitutive rispetto a quelle reali. Questa situazione non può che generare disillusione, in modo che viene a costituirsi e ad operare, stando a Freud, un secondo principio, che tenta di assumere una funzione regolativa rispetto al principio del piacere: si tratta del principio di realtà , che non tenta più il soddisfacimento tramite scorciatoie e forme sostitutive, ma a seconda delle condizioni date dalla realtà, anche se questa si può presentare come sgradita. Il principio del piacere tende ad ottenere tutto immediatamente tramite una scarica motoria, mentre il principio di realtà può differire quella scarica in vista di un'eventuale meta, più sicura e meno illusoria; instaurandosi, quest'ultimo provoca una serie di adattamenti dell'apparato psichico, conducendo allo sviluppo e al potenziamento di funzioni coscienti come l'attenzione, la memoria, il giudizio e il pensiero. Questo non vuol dire che il principio del piacere scompaia del tutto; esso prosegue nell'operare e nell'estrinsecarsi, specialmente nelle circostanze in cui diminuisce la dipendenza verso la realtà, come appunto nei sogni, nelle fantasie e, in una certa misura, nelle produzioni artistiche. Questo dualismo di princìpi, costruito in analogia alla fisica, come distribuzione e circolazione energetica, viene però in un secondo tempo modificato da Freud; nel 1920, infatti, egli pubblica Al di là del principio del piacere , dove accanto alle pulsioni sessuali, riconosce l'esistenza di una pulsione antagonistica, la pulsione di morte , cioè una tendenza distruttiva inerente alla vita stessa. A questa conclusione Freud arriva tramite l'osservazione clinica dei comportamenti caratterizzati dalla coazione a ripetere , in cui il soggetto ripete ossessivamente operazioni spiacevoli e dolorose, che riflettono, in modo più o meno evidente, elementi di conflitti passati. A parere di Freud, questi comportamenti mettono in forse il primato del principio del piacere e rendono necessario introdurre l'ipotesi dell'esistenza di una tendenza originaria alla scarica totale delle pulsioni, cioè di un principio di morte. Quando le pulsioni di morte sono rivolte verso l'interno, esse tendono all'autodistruzione, ma poi possono essere dirette anche verso l'esterno, assumendo così la forma di pulsioni di aggressione e di distruzione. Nella realtà psichica le pulsioni si presentano sempre come ambivalenti, caratterizzate cioè dalla compresenza di questi due princìpi di vita e di morte: anche la sessualità presenterebbe dunque questa ambivalenza sotto forma di amore e di aggressività. Così Freud tornava ad introdurre alla base della vita psichica un dualismo di princìpi, ma distinti qualitativamente, non più quantitativamente come nel caso del principio di piacere contrapposto a quello di realtà. Freud chiamava tali principi con i nomi greci di Eros (eros = amore ) e Thanatos (thanatos = morte )
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La seconda topica disegnata da Freud

Per quel che concerne la topica , cioè la teoria dei luoghi dell'apparato psichico, ma senza riferimento alcuno ad una loro eventuale localizzazione anatomica, Freud elabora successivamente due schemi: in un primo tempo, egli distingue tre sistemi, ciascuno dei quali dotato di una propria funzione e separato dagli altri da censure che ostacolano e controllano il passaggio dall'uno all'altro. Essi sono: inconscio, preconscio (in cui le pulsioni vengono organizzate ed espresse sotto forma di rappresentazioni e desideri: è questo l'ambito dei sogni) e conscio, questa localizzazione è detta la "prima topica". A partire dal 1920, però, Freud cambia questo schema con un altro, la cosiddetta "seconda topica" , probabilmente spinto dalla necessità di tener presente i vari processi di identificazione tramite i quali si viene costituendo la persona. La seconda topica é esposta organicamente da Freud nell'opera L'io e l' Es (1923) , in cui egli ravvisa tre istanze dell'apparato psichico, che egli chiama l' Es, l'Io e il Super-io. Il termine Es é il pronome neutro singolare tedesco e corrisponde al latino id: Freud lo mutua da Georg Groddeck, autore dell'opera Il libro dell'Es (1923), per indicare il serbatoio di energia psichica, l'insieme delle espressioni dinamiche inconsce delle pulsioni, le quali in parte sono ereditarie e innate, in parte rimosse e acquisite. L'Es é governato esclusivamente dal principio del piacere, mentre l'Io dal principio della realtà: é l'ambito della personalità, che si costituisce tramite modificazioni successive dell'Es, prodotte dall'incontro con la realtà esterna. Tramite l'osservazione del mondo esterno e la memorizzazione, l'Io diventa capace di distinguere il carattere illusorio delle rappresentazioni generate dal principio del piacere e vi sostituisce il principio di realtà. L' Io però si trova a dover mediare fra le richieste dell'Es e quelle del Super-io, che é anche lui una formazione almeno in parte inconscia e svolge le mansioni di giudice e censore verso l'Io: la percezione inconscia delle sue critiche si esprime nell' Io come senso di colpa e di rimorso. Sotto questo profilo, il Super-io é erede del complesso di Edipo, si forma tramite l'interiorizzazione della figura paterna e, dunque, dei comandi e dei divieti che essa impersona e dà luogo ad un controllo interiorizzato delle pulsioni; così, il Super-io viene a rivestire la mansione di coscienza morale e presiede all'autosservazione e alla formazione di ideali.

LA SUBLIMAZIONE
Freud ha dunque scorto nella sessualità e nella famiglia il centro dei conflitti, a partire dai quali l'Io si costituisce; ma famiglia e sessualità sono anche il principio della formazione della civiltà e della sua storia:
la civiltà non potrebbe infatti sussistere senza una costante sottrazione di energie sessuali e una loro canalizzazione verso mete che esulano dalla sessualità, a vantaggio della comunità. In questo consiste il processo da Freud chiamato di sublimazione , da cui sono dipendenti il lavoro in generale e, in particolare, la creazione artistica e l'attività intellettuale; questa deviazione di corso dell'energia sessuale implica al tempo stesso sacrifici pulsionali, che possono dar luogo a situazioni di frustrazione , in cui un individuo avverte come precluso a se stesso l'appagamento delle proprie pulsioni. Freud perviene a queste conclusioni a partire dal 1908, convinto anche di un'analogia di sviluppo tra l'individuo e la specie umana. Questo tema egli lo affrontava in Totem e tabù (1912-1913), in cui provava a collegare i risultati dell'antropologia evoluzionistica, soprattutto quelli riscontrati da James Frazer, con la psicoanalisi. Freud muoveva dalla nozione antropologica di totem, l'oggetto sacro, per lo più un animale, che viene considerato simbolo della tribù e contraddistingue l'appartenenza alla tribù stessa e una specie di legame di parentela fra tutti i membri di essa. Nel gruppo totemico vigono due tabù , cioè due divieti: non uccidere l'animale totemico, nè mangiarne la carne, e non contrarre matrimonio se non all'esterno del gruppo, ossia non con membri dello stesso totem (questa é detta regola dell'esogamia ). Freud interpretava queste caratteristiche delle tribù primitive con mezzi psicoanalitici e, più precisamente, era del parere che l'animale totemico simbolizzasse la figura del padre e che i due tabù corrispondessero ai divieti derivati dal complesso di Edipo, il divieto di parricidio e il divieto di incesto. Questo avrebbe dato conferma del carattere universale del complesso di Edipo, che sarebbe stato tipico non solo di una determinata epoca o cultura, ma dell'umanità in toto . Per spiegare questo, Freud costruiva una storia congetturale, mutuando da Darwin l'ipotesi che gli uomini primitivi fossero vissuti in orde, in piccole comunità, in cui un solo maschio adulto, il padre, aveva avuto il possesso di tutte le donne e quindi aveva espulso dal gruppo i figli maschi, potenziali avversari. I fratelli cacciati si erano poi radunati e coalizzati contro il padre, che avrebbero ucciso e si sarebbero cibati delle sue carni: di qui sarebbe scaturita la pratica del pasto totemico, una festa che, da un lato, celebrava l'immedesimazione dei figli con il padre, interiorizzato come avviene con un cibo, e dall'altro lato, stabiliva legami di solidarietà tra i parricidi, accomunati dalla colpa e dal rimorso per l'azione nefanda. Il carattere ripetitivo di questo pasto totemico, al quale corrispondono le pratiche ossessive dei nevrotici moderni, era diretto a controllare il senso di colpa. Da allora si era costituito un sistema di divieti, a partire dal divieto di incesto, per regolare i rapporti sociali: il complesso di Edipo sembrava così il fondamento della cultura. In seguito, gli antropologi avrebbero però argomentato contro il carattere universale del complesso di Edipo ed in particolare B. Malinowski, nel libro Sesso e repressione sessuale tra i selvaggi , avrebbe mostrato che esso era assente in società melanesiane, caratterizzate da una discendenza matrilineare anziché patrilineare e dal conferimento di autorità al fratello della madre, e non al padre. Terminata la prima guerra mondiale, Freud condivise con molti altri intellettuali il senso di una crisi che si abbatteva sulla civiltà occidentale (crisi peraltro prevista chiaramente da Nietzsche), ma rifiuta di darne un'analisi in termini di decadenza: tentò anzi di avvalersi degli strumenti e dell'armamentario di concetti psicoanalitici per individuare le radici psicologiche della tendenza delle masse a subordinarsi in modo passivo ad un capo. I legami di un individuo con la massa e di questa con il capo venivano interpretati da Freud, in Psicologia delle masse e analisi dell'Io (1921), come la regressione ad un'attività psichica primitiva, analoga a quella che egli era propensa ad attribuire all'orda primordiale, di cui aveva parlato in Totem e tabù. Nella massa, infatti, tutti sono uguali, ma questo dipende dal fatto che in essa si dilegua la personalità singola cosciente e non esistono volontà singole, ma si cerca di tradurre in atto soltanto una volontà collettiva. Questo rappresenta una regressione rispetto rispetto all' Io autonomo, che é l'ultimo prodotto dello sviluppo psichico dell'individuo; nell'orda primordiale l'unico libero era il padre: agli inizi della storia, stando a Freud, era lui “il superuomo che per Nietzsche dobbiamo aspettarci solo dal futuro”. Alla figura del padre corrisponde la figura del capo, a cui la massa avida di autorità si sottomette: esso é “l'ideale della massa che domina l'Io, anziché l'ideale dell'Io”. Il capo non ha bisogno di amare nessuno, mentre la massa é tenuta unita dall'illusione che il capo ami in uguale e giusta misura tutti i singoli; a questo si aggiungono poi gli effetti portati dalla suggestione, che si accompagna all'idea del possesso di un potere misterioso.

RELIGIONE E CIVILTA'
A partire dagli anni Venti, in Freud crebbe sempre più la convinzione che la psicoanalisi fosse la chiave di volta per comprendere non solo alcuni aspetti della civiltà, ma l'origine e i caratteri della civiltà nel suo insieme. Nel 1935 egli asserirà di essersi accorto “che gli eventi della storia, gli influssi reciproci tra natura umana, sviluppo civile e quei sedimenti preistorici di cui la religione é il massimo esponente, altro non sono che il riflesso dei conflitti dinamici fra Io, Es e Super-io, studiati dalla psicoanalisi nel singolo individuo: sono gli stessi processi ripresi su uno scenario più ampio”. Nel 1927, il pensatore austriaco aveva pubblicato L'avvenire di un'illusione , in cui affrontava la problematica della religione . Egli, analogamente a quanto diceva Nietzsche per la religione greca, scorgeva nella religione un insieme di rappresentazioni sorte dal bisogno di rendere sopportabile l'infelicità e la miseria umana. Essa svolgeva quindi una mansione positiva per alcuni individui, soprattutto l'aveva svolta in epoche passate, ma comportava costi assai elevati, in quanto finiva per essere dannosa per la mente e così Freud poteva dire che “la religione é un narcotico con cui l'uomo controlla la sua angoscia, ma ottunde la sua mente”. Di fronte alle critiche della scienza, la religione non era in grado di reggere per Freud, ma era destinata a rivelarsi sempre più come un'illusione e, quindi, a soccombere. In questo modo Freud si riallacciava alla tradizione illuministica, per un verso, della critica alla religione in nome della ragione e, per un altro verso, a quanto avevano detto, non molto tempo prima di Freud, Marx (“la religione é l'oppio dei popoli”) e Nietzsche (“Dio é una risposta grossolana, un'indelicatezza contro noi pensatori”). Al tempo stesso Freud precisava che la scienza moderna, proprio perchè consapevole dei propri limiti, non era un'illusione come la religione e che sarebbe stato pernicioso pretendere di ottenere per vie alternative ciò che essa non era in grado di fornire. Il messaggio che Freud ricavava da tali ragionamenti era che “Se l'uomo distoglierà dall'aldilà le sue speranze e concentrerà sulla vita terrena tutte le forze rese così disponibili, riuscirà probabilmente a rendere la vita sopportabile per tutti e la civiltà non più oppressiva per alcuni”. La trattazione più organica e generale lasciataci da Freud sulle radici psichiche della cultura e della società é contenuta in una delle sue ultime opere, intitolata Il disagio della civiltà (1930); Freud aveva già da tempo riconosciuto che uno dei princìpi psichici basilari é la pulsione di morte, che, proiettata all'esterno, si configura come pulsione di aggressività, ma lasciata completamente libera di esprimersi e di espandersi, potrebbe avere effetti devastanti e distruttivi. Per evitare questo pericolo, che comprometterebbe radicalmente la sopravvivenza dell'uomo, occorre che alla libido individuale siano sottratte energie per metterle a disposizione della società, cioè volte ad istruire e a rinsaldare i legami tra gli uomini: ed é su queste basi che si regge la civiltà. Essa non é altro che l'insieme delle realizzazioni e degli ordinamenti che distinguono la vita umana da quella dei suoi antenati animali; il fine di essa é sostanzialmente, come già diceva Hobbes, la salvaguardia degli uomini e della loro sopravvivenza, nelle loro relazioni con la natura e con i loro simili. A questo provvedono le tecniche, le norme igieniche e di convivenza, gli ordinamenti sociali e politici. Alla base di questa transizione dalla natura alla cultura vi é la sublimazione, cioè lo spostamento di energie libidiche dalle mete sessuali ad altri fini maggiormente apprezzati sul piano sociale, come l'arte, la cultura, l'illusione religiosa o l'amore del prossimo. Ma questo non implica una vittoria definitiva dell'eros e, di conseguenza, una scomparsa delle componenti aggressive nei rapporti fra gli uomini: la civiltà per Freud é e sempre sarà un “campo di battaglia di forze contrapposte”, Eros e Thanatos. Il primato del principio di realtà non elimina il principio del piacere, che sussiste e continua ad essere operante nell'apparato psichico e che si scontra con la realtà, la quale non appare costituita in modo da poter rendere felice l'uomo, cioè libero dal dolore e in grado di perseguire liberamente il piacere. Il fatto che una pulsione non possa essere soddisfatta produce frustrazione, la quale ha la sua prima genesi a partire dai divieti imposti da ordinamenti esterni all'individuo (divieto di incesto, di cannibalismo, di aggressività, ecc.). Questi divieti però sono progressivamente interiorizzati e fatti propri dal Super-io, che svolge dunque una mansione essenziale per l'esistenza della civiltà. Questo significa che la base della morale é fondamentalmente istintiva e consiste, per lo più, nell'interiorizzazione dell'energia libidica per reprimere le pulsioni stesse. Ad alleviare il senso di frustrazione possono provvedere i processi di sublimazione, che, in quanto tali, non sono costretti da forze esterne a spostare le energie libidiche verso mete non sessuali, ma questo non elimina il fatto che alla base della civiltà ci siano una rinuncia e un sacrificio non solo di pulsioni sessuali, ma anche di aggressività. La repressione di tali pulsioni, indispensabile per la sopravvivenza, produce un grande dispendio di energia, in quanto per frenare le pulsioni aggressive l'individuo le getta dentro e le rivolge contro se stesso, dando luogo alla coscienza e al senso di colpa, che può restare inconscio, ma anche venire alla luce ed essere sentito come un disagio ineliminabile.

L’INTERPRETAZIONE DI FREUD dell’Edipo re di Sofocle
La più famosa -seppur contestatissima- interpretazione dell'Edipo Re sofocleo si deve a Freud, che dalla tragedia fece derivare il nome del complesso maschile infantile per cui il bambino viene portato ad odiare il padre e ad attaccarsi morbosamente alla madre. Ciascuno di noi, in sostanza, vorrebbe da bambino sbarazzarsi del padre per poter possedere la madre, dalla quale è sessualmente attratto. Sul versante femminile, si ha il complesso di Elettra, ovvero la bambina vorrebbe sbarazzarsi della madre per possedere sessualmente il padre. Certo l'Edipo re assurse per Freud e per la psicoanalisi a paradigma del fenomeno psicologico, ma non solo, perché Freud stesso spiegò l'efficacia della tragedia in questo modo:

Il suo (di Edipo) destino ci commuove soltanto perché sarebbe potuto diventare anche il nostro, perché prima della nostra nascita l'oracolo ha decretato la medesima maledizione per noi e per lui. Forse a noi tutti era dato in sorte di rivolgere il nostro primo impulso sessuale alla madre, il primo odio e il primo desiderio di violenza contro il padre: i nostri sogni ce ne danno convinzione. (...) Davanti alla persona in cui si è adempiuto quel desiderio primordiale dell'infanzia indietreggiamo inorriditi, con tutta la forza della rimozione che questi desideri hanno subito da allora nel nostro intimo. Portando alla luce della sua analisi la colpa di Edipo, il poeta ci costringe a prendere conoscenza del nostro intimo, nel quale quegli impulsi, anche se repressi, sono pur sempre presenti.
Sigmund Freud, da Interpretazione dei sogni, 1900
In parecchi testi, Freud riprende questa tesi e cita il mito di Edipo (la lezione XXI del ciclo di lezioni di Introduzione alla psicoanalisi, la lettera a Wilhelm Fliess del 15 ottobre 1897...). Scrive ancora Freud:

Se Edipo Re è in grado di scuotere l'uomo moderno come ha scosso i greci suoi contemporanei, ciò non può che significare che l'effetto della tragedia greca non è basato sul contrasto tra destino e volontà umana, ma sulla particolarità della materia sulla quale questo contrasto viene mostrato. Deve esistere nel nostro intimo una voce pronta a riconoscere nell'Edipo la forza coercitiva del destino, mentre soggetti come quello della Bisavola o di altre simili tragedie del destino ci fanno un'impressione di arbitrarietà, e non ci toccano. Ed effettivamente nella storia di Re Edipo è contenuto un tale motivo. Il suo destino ci scuote soltanto perché avrebbe potuto diventare anche il nostro, perché prima della nostra nascita l'oracolo ha pronunciato ai nostri riguardi la stessa maledizione. Forse è stato destinato a noi tutti di provare il primo impulso sessuale per nostra madre, il primo odio e il primo desiderio di violenza per nostro padre; i nostri sogni ce ne convincono. Re Edipo, che ha ucciso suo padre Laio e che ha sposato sua madre Giocasta, è soltanto l'adempimento di un desiderio della nostra infanzia. Ma a noi, più felici di lui, è stato possibile, a meno che non siamo diventati psiconevrotici, di staccare i nostri impulsi sessuali dalla nostra madre, e dimenticare la nostra invidia per nostro padre. Davanti a quel personaggio che è stato costretto a realizzare quel primordiale desiderio infantile, proviamo un orrore profondo, nutrito da tutta la forza della rimozione che da allora in poi hanno subito i nostri desideri. Il poeta, portando alla luce la colpa di Edipo, ci costringe a conoscere il nostro proprio intimo, dove, anche se repressi, questi impulsi pur tuttavia esistono. Il canto, con il quale il coro ci lascia:
..."Vedete, questo è Edipo, i cittadini tutti decantavano e invidiavano la sua felicità; ha risolto l'alto enigma ed era il primo in potenza, guardate in quali orribili flutti di sventura è precipitato!"
è un'ammonizione che colpisce noi stessi e il nostro orgoglio, noi che a parer nostro siamo diventati cosi saggi e così potenti, dall'epoca dell'infanzia in poi. Come Edipo, viviamo inconsapevoli dei desideri che offendono la morale, di quei desideri che ci sono stati imposti dalla natura; quando ci vengono svelati, probabilmente noi tutti vorremmo distogliere lo sguardo dalle scene dell'infanzia

A questo proposito bisogna ricordare quanto fosse importante per Freud e quanto lo sarà per la psicoanalisi (in particolar modo il filone junghiano) ricorrere al mito: un po' come nella filosofia platonica, il mito diviene paradigma, exemplum, una via efficace per spiegare, più precisamente per far affiorare dall'inconscio ciò che abbiamo rimosso. L'importanza dell'arte per Freud sta anche in questo: egli stesso sostiene che "noi e lui [Freud e il poeta] attingiamo alle stesse fonti, lavoriamo sopra lo stesso soggetto, ciascuno di noi con metodo diverso".
Freud nega l'interpretazione della tragedia secondo la quale la morale sta nell'accusa degli dei e del Fato, anzi nega che sia questa a causare l'effetto tragico. Piuttosto il successo della tragedia sta nel riconoscimento del lettore nell'Edipo, perché la tragedia stessa indica esplicitamente (nei versi sopra citati) che la leggenda è tratta da un primordiale materiale onirico.
La critica successiva ha negato l'interpretazione freudiana, un po' troppo semplicistica, non sottile forse perché priva del materiale filologico e storico di cui necessitava. L'intuizione freudiana sta nell'aver percepito l'importanza della tragedia quale analisi dell'animo, del conflitto interiore di Edipo che cammina verso la verità, pronta ad accecarlo: quando l'ubriaco alla festa gli confida la sua vera identità, Edipo sente qualcosa insinuarsi nel profondo, pungergli qualcosa che aveva rimosso. Inoltre nella affannata ricerca di Edipo, Freud vede un paragone col processo di analisi della psiche da lui stesso affrontato: Edipo solleva il velo che gli nasconde la verità, la sua identità parricida e incestuosa, come lo psicoanalista attraverso il dialogo "scopre" al di là della dimensione conscia, L'Edipo Re è la parabola di un uomo riconosciuto come uguale agli dei dal punto di vista degli uomini, ma pari a nulla, cieco, per gli dei (cfr. J. P. Vernant, Ambiguità e rovesciamento. Sulla struttura enigmatica dell'Edipo Re).