domenica 6 maggio 2012

La qualità della vita è anche saper scegliere L'etica dell'individuo secondo Peter Singer


MARIA SERENA PALIERI
La qualità della vita è anche saper scegliere L'etica dell'individuo secondo Peter Singer

A Mantova il filosofo australiano propone un cammino che porti dall'universalità dei valori alla moralità individuale
Il dolore è negativo a prescindere da chi lo provi: un essere umano ammalato dovrebbe poter decidere cosa fare della
sua esistenza
A marzo dell'anno prossimo uscirà negli Stati Uniti un nuovo libro di Peter Singer, di taglio completamente diverso dai testi come Etica pratica, Liberazione animale, Ripensare la vita o la più recente raccolta di saggi La vita come si dovrebbe che hanno fatto di lui il profeta dell'animalismo e il leader d'una scuola radicale di bioetica. Diversa dai combattivi saggi, grazie ai quali, dalla nativa Melbourne, tra polemiche roventi - come corrìspettivo in genere si prendono quelle scatenate a suo tempo dalla radicale laicità di Bertrand Russell - è approdato alla cattedra di Filosofia morale a Princeton. Il libro, ìnfatti, tratta la dolorosa vicenda di suo nonno, ebreo, nella Vienna degli anni del nazismo, e del destino in genere di quella comunità ebraica. Ora, una delle accuse che vengono rivolte a Singer dai suoi oppositori è quella dì sostenere, con le sue argomentazioni bioetiche, in particolare in tema di aborto, una selezione della specie sorella dell'eugenetica di atroce memoria sperimentata nel lager. E anche qui a Mantova non è mancato ieri mattina l'ascoltatore che gli desse del «nazista» per le tesi che aveva appena finito di esporre sotto il tendone della Virgiliana (il dibattìto con lui è stato uno dei più affollati e dei più partecipati).
Singer, questo libro che parla dell'ebraismo suo e della sua famiglia, è un modo indiretto, biografico, di rispondere a queste accuse?
«Io spero di aver risposto da un pezzo con le mie idee: i nazisti cercarono di imporre una concezione pseudoscientifica di selezione della razza a delle popolazioni e io dico l'opposto. Dico che, in presenza di malformazioni in un feto, i futuri genitori devono essere liberi di poter scegliere se far nascere quel bambino. Dunque, mi colloco all'opposto di razzismo e totalitarismo. Se pubblico ora questo libro sulla storia di mio nonno e della comunità cui apparteneva è perché lo spunto mi è venuto nel '96, quando in Austria fu pubblicata una parte di un suo epistolario, e perché, leggendo il tedesco con qualche fatica, ci ho messo del tempo per capire il testo ed elaborare».
Dunque, chi è Peter Singer? Un filosofo «pratico» che da una trentina d'anni si occupa di questioni la cui urgenza oggi rischia di sommergerci. Il teorico della «liberazione animale». Lo studioso che ha redatto le princìpali voci di etica nell'Encidopedia Britannica. Il bersaglio di quell'opinione pubblica - in specie americana - le cui posizioni estreme sfociano nel «creazionismo». Il polemico saggista che ha proposto negli ultimi anni alla sinistra di darsi a Darwin, dopo l'addio a Marx: ma non si equivochi, lui propone di scoprire quello che Darwin diceva a proposito dell'istinto «cooperatìvo» che c'è nel mondo animale, accanto all'istinto di pura lotta per la sopravvivenza. Un uomo che alle sue platee - riassumiamolo secondo la nostra interpretazìone propone questo: ricondurre l'etica al massimo dentro la scelta individuale, in epoca di fondamentalismi dare alle credenze religiose valore, ma - in chiave appunto individuale, quindì relativa, smetterla con l'appalto della morale ai tecnocrati, medici e genetisti, farci di nuovo carico, noi umani, della «responsabilità» etica. Cosa che, volendo, può far riflettere è che qui a Mantova lui propone un cammino dall'Universalítà dei valori all'individuo, mentre James Hillman perora nel suo campo un percorso all'incontrario, dall'Individuafità della psiche all'analisi delle grandi parole d'ordine che condizionano il mondo.
Quanto a lui, Singer riassume così gli assunti «semplici» su cui fonda le sue tesi: il dolore è negativo, a prescindere da chi lo provi; gli esseri umani non sono gli unici esseri capaci di provarlo; quando valutiamo la gravità dell'atto di togliere una vita dobbiamo guardare non alla razza, al sesso o alla specie cui l'essere appartiene, ma alle sue caratteristiche: per esempio il suo desiderio di continuare a vivere o il genere di vita che è capace di condurre; siamo responsabili non solo di ciò che facciamo, ma anche di quello che avremmo potuto impedìre. Vediamo cosa ne deduce.
Singer, che cosa la differenda, alla base, dai suoí detrattori?
«Dobbiamo parlare dì santìtà della vìta, o dì qualìtà? Questo è molto importante quando si parla, per esempio, di eutanasia o di vita di una bambino con un grave handicap. In tutti i paesi, eccetto che in Belgio e in Olanda, la legge ha scelto il criterio di santità. io credo nella qualità. E il fatto che ci sia di mezzo la vita umana non basta a eludere la questione. Un individuo adulto e ammalato deve poter scegliere, in base ai suoi valori, se la vita che ha davanti la considera tale. Qualcuno si accontenterà di poter parlare o leggere, qualcun altro no. Ora, se al centro della scelta c'è un neonato o un feto chi scegie? I genitori. L'intervento della sfera pubblica potrebbe limitarsi a questo: l'ospedale, i medici, l'assistenza sociale potrebbero aiutare capire la vera entità dell'handicap del futuro nato, sorvegliare suoi abusi, e proporre, se utile, soluzioni come l'adozione».
Ci sono differenze, per lei, in questo tipo dì valutazione, tra l'essere umano e l'essere animale?
«No. Ogni essere biologico va guardato in quanto individuo. Può darsi che la vita di una bambina con un handicap tale da non essere in grado di riconoscere la propria madre sia meno degna di essere vissuta di quella di uno scimpanzé nel pieno del suo vigore. O se voglìamo: può essere meglìo effettuare la sperimentazione di un farmaco potenzialmente importante, ma dolorosa, su un essere umano in coma, del quale tutti glí esami ci dicono che le funzioni sono puramente vegetative e che non riacquisterà sensibilità alla sofferenza, piuttosto che su un animale sano».
Lei è totalmente contrario alla vivisezione?
«Sì, se la intendiamo come industria che si basa su un'idea degli esseri animali come strumenti al nostro servizio. Credo che i nostri nipoti, o bisnipofi, guarderanno a questo nostro rapporto coi mondo animale con lo stesso orrore col quale noi guardiamo al modo in cui gli antichi Romani trattavano i gladiatori».
Qual è, secondo lei, l'auspicabile relazione tra scienza ed etica?
«Non dobbiamo subordinare la seconda alla prima, chiedere cioè alla scienza di darci risposte "tecniche" in campo etico. L'etica, piuttosto, deve prevalere nelle scelte. Di fronte a un certo progetto scientifico dobbiamo chiederci: a cosa serve? Ma dobbiamo tenere conto anche dell'altro versante della ricerca scientifica, di quanto cioè essa espande la conoscenza umana. Perciò io ho sostenuto il Progetto Genoma Umano, benché si temesse che avesse esiti controversi. Il problema etico si porrà domani: quando, essendocene la possibilità, dei genìtori vorranno scegliere "quale" figlío fare, allora cosa dovremo. fare? Dargliene la possibilità Cosa dirà l'etica a quelle coppie?»

LA FABBRICA DEL CONSENSO Di Noam Chomsky

da: LA FABBRICA DEL CONSENSO Noam Chomsky
"Il postulato democratico è che i media sono indipendenti e hanno il compito di scoprire e di riferire la verità, non già di presentare il mondo come i potenti desiderano che venga percepito.
I responsabili dei media affermano che le loro scelte sul terreno dell'informazione sono frutto di criteri imparziali, professionisti e oggettivi e sono confortati in questa loro pretesa dalla comunità intellettuale. Ma se i potenti sono in grado di fissare le premesse del discorso, di decidere che cosa la popolazione in generale deve poter vedere, sentire e meditare, e di "dirigere" l'opinione pubblica medianti regolari campagne di propaganda, il modello tipico di come il sistema deve funzionare è in netto contrasto con la realtà."
"I mass media come sistema assolvono la funzione di comunicare messaggi e simboli alla popolazione. Il loro compito è di divertire, intrattenere e informare, ma nel contempo di inculcare negli individui valori, credenze e codici di comportamento atti a integrarli nelle strutture istituzionali della società di cui fanno parte. In un mondo caratterizzato dalla concentrazione della ricchezza e da forti conflitti di classe, per conseguire questo obbiettivo occorre una propaganda sistematica. Nei paesi in cui le leve del potere sono nelle mani di una burocrazia statale, il controllo monopolistico dei mass media, spesso integrato da una censura ufficiale, attesta in modo trasparente che essi servono i fini di un'elite dominante. "

Popper: la differenza fra il mondo 1, il mondo 2 e il mondo 3

Che aspetto ha il mondo 3 da un punto di vista materialistico? Ovviamente, la semplice esistenza di aereoplani, aereoporti, biciclette, libri, edifici, automobili, calcolatori, grammofoni, conferenze, manoscritti, pitture, sculture e telefoni non presenta alcun problema per qualsiasi forma di fisicalismo o di materialismo. Mentre per il pluralista queste sono le esemplificazioni materiali, le incarnazioni degli oggetti del mondo 3, per il materialista sono semplicemente parti del mondo 1.
Ma che dite delle relazioni logiche oggettive che si stabiliscono tra le teorie (siano esse scritte o meno), quali l'incompatibilità, la deducibilità reciproca, la sovrapposizione parziale, ecc.? Il materialista radicale sostituisce gli oggetti del mondo 2 (esperienze soggettive) con i processi cerebrali. Tra questi una particolare importanza hanno le disposizioni al comportamento verbale: le disposizioni ad assentire o a respingere, a convalidare o a confutare, o semplicemente a prendere in considerazione – a calcolare i pro e i contro. Come la maggior parte di coloro che accettano gli oggetti del mondo 2 (i “mentalisti”), di solito i materialisti interpretano i contenuti del mondo 3 come se fossero “idee nelle nostre menti”: i materialisti radicali però cercano di fare un passo avanti e di interpretare “le idee nelle nostre menti” – e quindi anche gli oggetti del mondo 3 – come disposizioni al comportamento verbale aventi una base nel funzionamento del cervello.
Eppure né il mentalista né il materialista riescono in questo modo a rende giustizia agli oggetti del mondo 3, specialmente ai contenuti delle teorie e alle loro relazioni logiche oggettive.
Gli oggetti del mondo 3 non sono soltanto “idee nelle nostre menti” né sono disposizioni dei nostri cervelli al comportamento verbale. Né ci è di qualche aiuto l'aggiungere a queste disposizioni le incarnazioni del mondo 3, come accennavamo nel primo capoverso di questo paragrafo, perché nulla di tutto ciò sa far fronte adeguatamente al carattere astratto degli oggetti del mondo 3 e specialmente alle relazioni logiche esistenti tra loro.
Per fare un esempio, l’opera di Frege Grundgesetze era già scritta, e in parte stampata, quando in base ad una lettera scrittagli da Bertrand Russell egli dedusse che nei suoi fondamenti era implicita un'autocontraddizione. Questa autocontraddizione era esistita, oggettivamente, per anni e Frege non l'aveva notata: non era stata “nella sua mente”. Soltanto Russell rilevò il problema (a proposito di un manoscritto completamente diverso) in un momento in cui Frege aveva già finito di redigere il suo manoscritto. Per anni quindi è esistita una teoria di Frege (ed una analoga, piú recente, di Russell) che era oggettivamente incoerente senza che nessuno avesse sentore di questo fatto, ovvero senza che un dato stato cerebrale disponesse nessuno a convenire con il suggerimento “Questo manoscritto contiene una teoria incoerente”.
Riepilogando, gli oggetti del mondo 3 nonché le loro proprietà e le loro relazioni non si possono ridurre ad oggetti del mondo 2. Né si possono ridurre a stati o a disposizioni cerebrali, neanche se dovessimo ammettere che tutti gli stati e i processi mentali possono essere ridotti a stati e processi cerebrali. È cosí nonostante il fatto che possiamo considerare il mondo 3 come il prodotto delle menti umane.
Russell non inventò né produsse l'incoerenza, ma la scoprí. (Egli inventò o produsse un modo di dimostrare o di provare che c'era l'incoerenza). Qualora la sua teoria non fosse stata oggettivamente incoerente, Frege non vi avrebbe potuto applicare la dimostrazione russelliana dell'incoerenza, per cui non si sarebbe convinto della sua insostenibilità. Pertanto, uno stato della mente di Frege (e senza dubbio anche uno stato del cervello di Frege) fu, in parte, il risultato del fatto oggettivo che questa teoria era incoerente: la scoperta di questo fatto lo turbò e lo sconvolse profondamente. Ciò, a sua volta, lo spinse a scrivere (un evento del mondo 1 fisico) le parole “Die Arithmetik ist ins Schwanken geraten” (L'aritmetica incomincia a vacillare). C'è quindi un'interazione tra: a) l'evento fisico, o parzialmente fisico, del ricevere Frege la lettera di Russell; b) il fatto oggettivo, fino ad allora non evidenziato e appartenente al mondo 3, che nella teoria di Frege c'era un'incoerenza; c) l'evento fisico, o parzialmente fisico, dello scrivere Frege il suo commento sullo status (mondo 3) dell'aritmetica.
Queste sono alcune delle ragioni per cui sostengo che il Mondo 1 non è chiuso sul piano causale ed asserisco che c'è un'interazione (seppure indiretta) tra mondo 1 e mondo 3. Mi sembra chiaro che questa interazione sia mediata da eventi mentali, e in parte anche coscienti, del mondo 2.
Naturalmente il fisicalista non può ammettere nulla di tutto ciò.

Martha Nussbaum, Non per profitto

Dimostrerò che le capacità intellettuali di riflessione e pensiero critico sono fondamentali per mantenere vive e ben salde le democrazie. La facoltà di ragionare correttamente su culture, gruppi e nazioni, nel contesto dell'economia mondiale e della storia dell'interazione di tanti paesi e gruppi è cruciale per consentire alle democrazie di far fronte, in modo responsabile, ai problemi che le attendono come parti di un mondo interdipendente. E la capacità di cogliere i problemi dell'altro - una dote che quasi tutti gli esseri umani posseggono, in una qualche forma - deve essere molto potenziata, e rifinita, per poter sperare di mantenere istituzioni decenti in mezzo alle tante divisioni che ogni società moderna racchiude.
L'interesse nazionale di una democrazia moderna prevede un'economia forte e una cultura di mercato fiorente. Sviluppando la mia tesi principale, dimostrerò anche, in subordine, che tale interesse economico richiede proprio l'apporto degli studi umanistici e artistici, allo scopo di promuovere un clima di attenta e responsabile disponibilità, nonché una cultura di innovazione creativa.
Martha Nussbaum, Non per profitto

Gaetano Salvemini La filosofia della democrazia

Gaetano Salvemini La filosofia della democrazia

Chi deduca la dottrina democratica dall’assunto che “tutti gli uomini nascono uguali”, e concepisca quella dottrina nel senso che gli uomini nascono con uguali capacità, prende come punto di partenza qualcosa che non esiste. Gli oppositori della dottrina, delle istituzioni e dei partiti democratici non debbono fare un grande sforzo per mostrare che quell’assunto è un nonsenso, e che poiché la base della costruzione e assurda, tutta la costruzione cade in pezzi.
Si può tuttavia interpretare quella formula non nel senso che tutti gli uomini nascono con uguali capacità, ma nel senso che tutti gli uomini, in una comunità che si autodefinisce civile, sono dotati degli stessi diritti e libertà individuali e politici. In questo modo non si asserisce più un fatto, ma un principio morale e giuridico.
Su quali basi si può fondare questo principio?
Esso si fonda su un fatto che è confermato da tutta l’esperienza umana. Gli uomini non nascono con uguali capacità, ma con uguale capacità di prender cantonate. Nessuna persona o gruppo di persone possiede il monopolio dell’infallibilità. Non esiste una scienza sociale esatta come le scienze fisiche. Le previsioni che riguardano la vita sociale sono sempre incerte. Ci sono politici fortunati e politici sfortunati. A uno può capitare di passare davanti alla porta proprio nel momento in cui si apre, ed entra senza la minima difficoltà. Un altro può bussare alla porta per anni senza che per lui si apra mai. Spesso la via d’uscita si apre da sola quando la gente meno se lo aspetta e senza che si sia contribuito in nessun modo all’evento. Spesso un leader politico e considerato saggio o stolto semplicemente perché ha avuto la buona o la cattiva sorte di trovarsi al potere nel momento in cui coincidenze favorevoli o sfavorevoli determinavano andamenti della vita nazionale in salita o in discesa. L’arte del governo è in larga misura un gioco d’azzardo, perché e la previsione dei fatti sociali a essere in larga misura un gioco d’azzardo.
Da questa verità che nessuno è infallibile e che nessuna classe speciale possiede il monopolio dell’intelligenza e della virtù si deve dedurre che nessuna classe sociale dovrebbe essere investita del monopolio del potere politico. L’egoismo è fin troppo connaturato al cuore umano. Se il godimento dei diritti politici, e del potere politico che ne consegue, é monopolizzato da una parte della popolazione e sottratto a tutto il resto, la parte privilegiata promuoverà soltanto quelle misure che tendono a incrementare o a preservare la propria ricchezza, influenza o prestigio. Ogni iniziativa che possa ledere quelle posizioni sarà combattuta o fatta cadere. Gli interessi delle parti escluse dal potere politico saranno ignorati o calpestati. La giustizia diverrà nient’altro che l’interesse del più forte, finché sarà soltanto il più forte a stabilire ciò che é giusto.
Questo e il motivo per cui la dottrina democratica rivendica per tutti i cittadini il diritto di organizzarsi in partiti. Il partito i cui leader ispirino la maggior fiducia alla maggioranza dell`elettorato va al potere. Se questo partito tradisce la fiducia riposta in esso, questi elettori ne metteranno un altro al suo posto. Le varie soluzioni possibili dei problemi incombenti vengono così messe alla prova una dopo l'altra. Procedendo per tentativi ed errori e venendone fuori in qualche modo, come dicono gli inglesi - “una via d’uscita la si trova”.
Le “masse” non sono infallibili né più né meno delle “classi”. Con tutto il rispetto dovuto alla memoria di Jefferson, non possiamo più continuare a farci illudere dall`idea che una volta concesse ai cittadini libere elezioni essi sceglieranno generalmente i “veramente buoni e saggi”, e che sorgerà “un'aristocrazia naturale” delle “virtù e dei talenti” esente dai difetti di un’aristocrazia artificiale fondata sulla ricchezza e sulla nascita. Il saggio di Monticello visse in un periodo in cui le speranze dell’umanità erano nel pieno della loro giovinezza.