mercoledì 21 maggio 2014

AVICENNA E AVERROE' E LA RICEZIONE LATINA DOTT.SILVIA DI VINCENZO CONFERENZA PRESSO IL LICEO GALVANI BOLOGNA PER VISUALIZZARE LE DIAPOSITIVE IN FORMATO PDF (ELEGANTE) CLICCARE SUL LINK http://www.liceogalvani.it/docenti.php?action=area&id=273


Filosofia Medievale Araba Avicenna, Averroè e la ricezione latina Silvia Di Vincenzo 17 Febbraio 2014, Liceo Galvani - Bologna Nascita della filosofia araba (falsafa)  Traduzioni greco-arabe: califfato Abbaside (Baghdad, 750-950 ca.). Il ruolo del circolo di Al-Kindī (lat. Alchindus, primo filosofo degli arabi) e la “Casa della Sapienza” (ar. Baytu l-Ḥikma) Opere filosofiche tradotte: Platone, Aristotele, Plotino, Porfirio, Euclide, Galeno, Ippocrate Modalità di traduzione: Traduzioni dal greco all'arabo e traduzioni dal greco al siriaco e dal siriaco all'arabo Avicenna Ibn Sīnā (lat. Avicenna) (Bukhara, 980-Isfahan, 1037) I luoghi e i periodi della sua vita: Chi era Avicenna? Il medico (1) Il “Canone di Medicina” (al-Qānūn fī al-ibb ) Ṭ Traduzione latina: Gerardo di Cremona (?), XII sec. Un componimento poetico sulla medicina (al-Urjūza fī l-ibb) ṭ Il medico (2) «Poi mi applicai alla scienza della medicina, e lessi i libri composti a riguardo. La scienza della medicina non è tra le scienze difficili, perciò arrivai ad eccellere in essa in una brevissima estensione [di tempo], al punto che i medici eccellenti iniziarono a leggere la scienza medica sotto la mia guida. Mi presi cura dei malati e mi si aprirono [così] delle porte del trattamento medico che sono acquisite [soltanto] con la pratica e che non possono essere descritte.» [Avicenna, Autobiografia, pp. 24-6 ed. Gohlman] Il medico (3) «Accadde al Sultano di allora a Bukhara, che era Nuḥ Ibn Man ūr ṣ , di avere una malattia che metteva in difficoltà i dottori. Il mio nome era già divenuto famoso tra di loro per il [mio] zelo nello studio e nella lettura, essi dunque richiamarono la sua attenzione su di me e gli chiesero di convocarmi. Io, quindi, mi presentai, collaborai con loro nel curarlo e fui così assunto al suo servizio». [Avicenna, Autobiografia, p. 34 ed. Gohlman] Il filosofo (1) Produzione enciclopedica in lingua araba:  “La filosofia per ʿArū ī ” ḍ (Ḥikma ʿArū iyya) ḍ  “Libro della Guarigione” (Kitāb al-Shifāʾ)  “Libro della Salvezza” (Kitāb al-Najāh)  “Libro delle indicazioni e degli ammonimenti” (Kitāb al-Ishārat wa-l-Tanbīhāt)  “La Scienza Orientale” (al-Ḥikma al-Mashriqiyya ) Strutturate in sezioni di: logica, fisica, matematica, metafisica [solo parte della sezione di logica sopravvive] Il filosofo (2) Produzione enciclopedica in lingua persiana: “Libro della Sapienza” (Danesh-nameh) «Lessi il libro intitolato “Metafisica”, ma non ne capii nulla; le intenzioni dell'autore mi restavano oscure. Ebbi un bel rileggerlo quaranta volte da un capo all'altro, al punto da conoscerlo a memoria; non né afferravo né il senso né lo scopo. Mi disperavo e mi dicevo: “Questo è un libro impossibile da comprendere!”.[...] Comprai il libro di al-Farabi Sugli scopi della Metafisica. Tornai a casa e subito mi gettai sul libro; immediatamente gli scopi dell'autore di quell'opera si svelarono a me, perché conoscevo già il libro a memoria». [Avicenna, Autobiografia, pp. 34-36 Gohlman] Punti essenziali di filosofia avicenniana La distinzione di essenza (dhāt/ḥaqīqa) ed esistenza (wujūd) - (1) «Noi diciamo essere chiaro che ogni cosa (shayʾ) possiede un'essenza propria che è la sua quiddità (māhiyya), ed essere noto che l'essenza propria di ogni cosa è diversa dall'esistenza che è sinonimo di “venire stabilito [nella realtà]”». [Libro della Guarigione, Metafisica (Ilāhiyyāt), I, 5; trad. di A. Bertolacci, p. 185] La distinzione di essenza ed esistenza-(2) I. Essenza o “quiddità”: ciò in virtù di cui la cosa è ciò che è. (a) Latino essentia e arabo dhāt; (b) Latino quidditas e arabo māhiyya: L'essenza è espressa dalla definizione della cosa, che risponde alla domanda “che cos'è (lat. quid est / ar. mā huwa) la cosa”. (c) Arabo ḥaqīqa: è la verità essenziale della cosa II. Cosa (ar. Shayʾ): una cosa x dotata di essenza alla quale, poi, cosegue necessariamente il fatto di esistere III. Esistenza (lat. Esse, ar. Wujūd): caratteristica estrinseca rispetto all'essenza della cosa che, però, consegue necessariamente alla cosa dotata di essenza: la cosa esistente è un ente (lat. Ens, ar. mawjūd) 12 La distinzione di essenza (dhāt/ḥaqīqa) ed esistenza (wujūd) - (3) «Ma il fatto che la nozione di “esistente” (mawjūd) [la] accompagni inseparabilmente non si disgiunge mai dalla [nozione di] “cosa”. Al contrario, la nozione di “esistente” l'accompagna inseparabilmente sempre. La “cosa”, infatti, o esiste negli oggetti concreti, oppure nella facoltà estimativa e nell'intelletto. Se così non fosse non sarebbe una “cosa”». [Libro della Guarigione, Metafisica (Ilāhiyyāt), I, 5; trad. di A. Bertolacci, pp. 185-6] Ricezione latina della distinzione essenza/esistenza: Tommaso d'Aquino (1) De Ente et Essentia: un opuscolo dedicato ai confratelli del convento domenicano di Saint-Jacques (1252-6) Vi è, infatti, qualcosa come L'essere necessario non possiede Dio, la cui essenza è il suo dunque una quiddità, se non il fatto stesso essere (esse), e perciò di essere essere necessario, e questa vi sono alcuni filosofi che è l'esistenza. Così dico che tutto ciò affermano che Dio non ha che possiede una quiddità oltre quiddità o essenza, poiché la all'esistenza, è causato. […] Tutto sua essenza non è altro che il ciò che possiede una quiddità è suo essere dunque causato, e tutte le altre cose, ad eccezione dell'essere necessario, Tommaso, De ente et essentia, trad. possiedono quiddità che sono di per Porro, p. 119 sé solo in potenza all'essere , e alle quali l'essere accede solo dall'esterno. Avicenna, Met. VIII, 4 Ricezione latina della distinzione essenza/ esistenza: Tommaso d'Aquino (2) La gerarchia del reale stabilita nel De ente et essentia: i. Dio: L'essenza coincide con l'essere; ii.Sostanze separate (angeli, intelligenze separate): L'essenza è diversa dall'essere e coincide con la forma (queste sostanze non hanno materia) iii.Sostanze composte: L'essenza è diversa dall'essere e coincide con il composto di materia e forma iv.Accidenti: Possiedono un'essenza incompleta e relativa, perché nella loro definizione deve sempre essere posto il soggetto. Ricezione latina della distinzione essenza/ esistenza: Tommaso d'Aquino (3) Differenze nella ricezione della distinzione tra essenza ed esistenza di Tommaso rispetto alla formulazione avicenniana: ● La prima causa (Dio): per Avicenna, è puro essere (un ente necessario) privo di un'essenza in senso stretto: ogni determinazione sembrerebbe implicare una composizione all'interno di Dio. Tommaso, invece, vede l'essenza come una perfezione che, quindi, non può mancare a Dio: in esso, essenza ed esistenza coincidono. Ibn Rushd (lat. Averroes) (Cordoba, 1126-1198) XII sec., Impero Almohade, Al-Andalus, Cordoba Chi era Averroè? (1) . ● Giudice; . ● Teologo: . i. “Trattato decisivo sulla connessione della Legge religiosa con la filosofia” (Kitāb faṣl al-Maqāl) ii. “Svelamento dei metodi di prova concernenti i princìpi della religione” (Kitāb al-Kashf) iii.“L'incoerenza dell'incoerenza dei filosofi” (Tahāfut al-tahāfut al-falāsifa) Chi era Averroè? (2) “Colui che il gran commento feo” ● Filosofo: Dante, Inf., IV, v. 44 Commentatore di Aristotele Compendi (jāmiʿ, pl. jawāmiʿ) [la maggior parte composti tra il 1159 ed il 1168] [Porph., Isag., Arist., Organon, Physica, de Caelo, De generatione, Meteorologica, De Anima, Metaphysica; de Animalibus (1170)] Commenti medi (talkhīs, pl. talākhis) [Porph., Isag., Arist., Organon, Physica, de Caelo, De generatione, Meteorologica, De Anima, Metaphysica, Ethica Nicomachea] Commenti lunghi lemmatici (tafsīr, pl. tafāsīr) [Arist., An. Post., De Caelo, Physica, De Anima, Metaphysica] Chi era Averroè? (3) Commentatore di Platone Commento medio alla Repubblica di Platone (1190 o 1195) Pensatore originale “De substantia orbis” “Epistola sulla possibilità della congiunzione con l'intelletto agente” La teoria dell'intelletto tra Avicenna e Averroè Il punto di partenza: Aristotele (1) Arist., De Anima III, 5 430a10-19: «Poiché, come nell'intera natura c'è qualcosa che costituisce la materia (hyle) per ciascun genere di cose (e ciò è potenzialmente tutte quelle cose), e qualcos'altro che è la causa (aition) e il principio produttivo (poietikòn), perché le produce tutte, allo stesso modo che la tecnica si rapporta alla sua materia, necessariamente queste differenze si trovano anche nell'anima. E c'è un intelletto (nous) analogo alla materia perché diviene tutte le cose, ed un altro che corrisponde alla causa efficiente perché le produce tutte, come una disposizione del tipo della luce, poiché in certo modo anche la luce rende i colori che sono in potenza colori in atto. E questo intelletto è separabile, impassibile e non mescolato, essendo atto per essenza, poiché sempre ciò che fa è superiore a ciò che subisce, ed il principio è superiore alla materia». [Trad. G. Movia, p. 219] Il punto di partenza: Aristotele (2) Intelletto che tutto produce Un habitus (hexis tis) Separato (choristòs) Impassibile (apathès) Non mescolato (amighès) In atto per essenza Immortale ed eterno (athànaton kai aìdion) Intelletto che tutto diviene Subordinato, nella sua attività di pensiero, al primo intelletto Corruttibile (fthartòs) Avicenna sull'intelletto (1) Essere necessario [Dio] Prima intelligenza o Primo causato Pensando se stessa come Pensando se stessa come necessaria produce l'anima possibile produce la sfera del primo cielo. Seconda intelligenza del primo cielo. Analogamente: Analogamente: Anima delle stelle fisse Terza intelligenza Sfera delle stelle fisse Anima di Saturno Quarta intelligenza Sfera di Saturno Anima di Giove Quinta intelligenza Sfera di Giove […] Mondo Sublunare Avicenna sull'intelletto (2) A partire da Alessandro di Afrodisia (II-III° s. d. C.), l'intelletto separato di Arist. De Anima III, 5 è identificato con l'ultima delle intelligenze celesti (cf. Arist., Met. XII, 7 e 9). Intelletto agente, principio datore delle forme (al-mabdaʾ al-wā ib li-l-ṣuwar ) 3 fasi del passaggio dell'intelletto ḥ possibile (o materiale) a intelletto acquisito Illuminazione (ishrāq) Intelletto in atto Intelletto in potenza o in habitus Intelletto acquisito ʿ (al-aql bi-l-quwwa) ʿʿ ʿ (al-aql bi-l-fi l; (al-aql al-mustafād)* bi-l-malaka) *Nell'intelletto acquisito, gli intelligibili Astrazione (tajrīd) acquisiti in atto e l'intelletto si identificano. Averroè sull'intelletto - (1) «Devi sapere che il rapporto dell'intelletto agente con questo intelletto [materiale] è come il rapporto della luce col diafano e che il rapporto delle forme materiali con questo intelletto è come quello del colore col diafano. Analogamente a come la luce è la perfezione del diafano, l'intelletto agente è la perfezione dell'intelletto materiale». [Averroè, Commento grande al De Anima] Averroè sull'intelletto - (2) Averroè sull'intelletto - (3) Quale punto risulta così problematico ad Averroé da spingerlo ad abbandonare gradualmente la teoria tradizionale (e anche avicenniana) sull'intelletto? Il punto veramente nuovo è costituito dalla ridefinizione del rapporto tra intelletto agente e intelletto possibile. Il problema che porta alla ridefinizione è: come può l'intelletto possibile conoscere gli intelligibili incorporei se, pur immateriale, si trova all'interno del corpo (e, dunque, della materia)? Averroè dubita che, in questo modo, l'intelletto possa avere una conoscenza universale e che non possa essere veramente immortale, perché compromesso dalla materia. Averroè sull'intelletto - (4) Dall'unione dell'intelletto possibile con l'intelletto agente (cui esso tende come verso una causa finale), deriva all'uomo una perfetta felicità e l'immortalità. Però si tratta di un'immortalità collettiva della specie umana, non individuale, poiché l'intelletto materiale è unico per tutti gli uomini. Sono gli intelletti separati a continuare a pensare, anche dopo la morte dell'individuo. Gli intelletti pensano tramite gli uomini e non sono gli uomini a pensare! La ricezione latina di Avicenna e Averroè Le traduzioni latine (1) Avicenna Primo movimento di traduzione: XII° sec., Toledo (su impulso dell'arcivescovo Raimondo di Toledo, 1125-52) Libro della Guarigione: Commento all'Isagoge di Porfirio; Traduttori: Commento agli Analitici Posteriori (cap. II, 7); Avendauth (Ibn Dawud); Gundissalinus Commento al De Anima; Commento alla Metafisica Le traduzioni latine (2) Secondo movimento di traduzione: XIII° sec., Burgos: Libro della Guarigione: Commento alla Retorica [Traduttore: Ermanno Alemanno] Toledo: Libro della Guarigione: Commento al De Animalibus [Traduttore: Michele Scoto] Le traduzioni latine (3) Averroè (XIII° sec.) Michele Scoto Commento grande al De Caelo Commento grande alla Fisica Commento grande al de Anima Commento grande alla Metafisica De substantia orbis Commento medio al De generatione Compendio dei Parva Naturalia Guglielmo di Luna Commento medio all'Isagoge Commento medio alle Categorie Commento medio al De Intepretatione Commento medio agli Analitici Primi e Secondi Ermanno Alemanno Commento medio all'Etica Nicomachea Commento medio alla Retorica (frr.) Commento medio alla Poetica Gli arabi come commentatori di Aristotele «De reminiscentia tractaturi, non eligimus sequi dicta communia, sed Peripateticorum, sicut fecimus tractantes de memoria. Ponamus igitur primo sententias Averrois et Avicennae, et Alexandri, et Themistii, et Alfarabii, qui omnes concorditer dicunt, quod reminiscentia nihil aliud est nisi investigatio obliti per memoriam.» [Albertus Magnus, De memoria et reminescentia, II, 1, p. 107a-ed. Borgnet] Ricezione latina della teoria dell'intelletto L' “Agostinismo Avicennizante” - (1) (Étienne Gilson, Les sources gréco-arabes de l'augustinisme avicennisant, 1929) XII-prima metà del XIII sec.: Lettura di Aristotele tramite Avicenna (contaminazione con elementi neoplatonici). La teoria dell'illuminazione da parte dell'intelletto agente viene conciliata con la teoria agostiniana della luce, e l'intelletto agente separato viene identificato con Dio: l'uomo, secondo Agostino, non possiede la Verità, ma la riceve da Dio sottoforma di una luce che “illumina” la mente umana e le permette di apprendere. L' “Agostinismo Avicennizante” - (2) Chi sono i pensatori “agostiniani avicennizzanti”: NON lo sono quei pensatori che ammettono l'intelletto agente come una facoltà immanente all'anima umana insieme all'intelletto possibile e che, tuttavia, ammettono l'illuminazione divina come solo modo per giungere ad una vera conoscenza. (= La maggior parte della scolastica prima di Tommaso). Gli agostiniani avicennizzanti credono, invece, che l'intelletto agente NON sia una facoltà dell'anima umana, ma sia separato e sia identificato con Dio illuminante, e ritengono che l'illuminazione divina sia il solo modo per giungere alla vera conoscenza.(= Roberto Grossatesta, Guglielmo di Auvergne e Ruggero Bacone) L'Averroismo Latino Cosa s'intende per “averroismo latino”: In seguito alle traduzioni di Averroè nella seconda metà del XIII° sec., si afferma (negli anni 1260-70) una corrente “averroista” all'interno della facoltà delle arti dell'Università di Parigi. Non si può parlare di una vera “scuola averroista”. Tesi caratterizzanti dell'averroismo latino: . ●Unicità dell'intelletto possibile per tutti gli individui della specie umana; . ●Eternità del mondo Gli esponenti più noti: Sigieri di Brabante e Boezio di Dacia Sigieri di Brabante (1235ca.-1282) « Questi onde a me ritorna il tuo riguardo, è 'l lume d'uno spirto che 'n pensieri gravi a morir li parve venir tardo: essa è la luce etterna di Sigieri, che, leggendo nel Vico de li Strami, silogizzò invidiosi veri » [Dante, Paradiso, Canto X, vv. 133-138] 1269: Questiones in tertium de anima 1270 condanna da parte di Stefano Tempier Quaestiones de anima intellectiva Quaestiones super librum de causis Miniatura da ms. del XV sec.; Sigieri è in 1270: Quaestionnes in Physicam alto a destra, in mantello rosso. 1272: Tractatus de aeternitate mundi 1273: Quaestiones super Metaphysicam La condanna dell'averroismo Latino Dicono di Averroè: «Vitupera le religioni […] e definisce noi e gli altri credenti nella religione come parolai e linguacciuti chiacchieroni che agiscono senza discernimento». [Egidio Romano, De erroribus philosophorum] San Tommaso confuta Averroè, 1445-50 La condanna dell'averroismo Latino Alberto Magno, De unitate intellectus contra Averroem (1256) Tommaso D'Aquino, Tractatus de unitate intellectus contra averroistas (1270) Benozzo Gozzoli, Il Trionfo di San Tommaso d'Aquino (1470-73) «Già da qualche tempo si è diffuso tra molti un errore proprio riguardo l'intelletto; esso trae origine dalle parole di Averroè, il quale cerca di sostenere che l'intelletto che Aristotele chiama “possibile”, e che egli, con un termine inadeguato, chiama “materiale”, sia una sostanza separata secondo l'essere dal corpo e che non si unisca affatto ad esso come forma; sostiene inoltre che questo stesso intelletto possibile sia unico per tutti gli uomini. Contro queste tesi già da tempo abbiamo scritto molte cose, ma poiché la sfrontatezza dei loro sostenitori non cessa di opporsi alla verità, è nostra intenzione scrivere di nuovo alcune cose contro lo stesso errore , mediante le quali esso sia confutato senza lasciare adito a dubbio alcuno». [Tommaso d'Aquino, De unitate intellectus I, 1, trad. P. Porro, p. 53] Condanne ecclesiastiche agli averroisti Vescovo di Parigi, Stefano Tempier 1270: 13 proposizioni all'indice: 1.Esiste un solo intelletto numericamente identico per tutti gli uomini; 2.La proposizione “l'uomo pensa” è falsa e impropria; 3.La volontà umana vuole e sceglie per necessità; 4.Tutto ciò che avviene nel mondo sublunare è sottoposto all'influsso dei corpi celesti; 5.Il mondo è eterno; 6.Non è mai esistito un primo uomo; 7.L'anima, che è forma dell'uomo in quanto uomo, perisce insieme al corpo; 8.Dopo la morte, essendo separata dal corpo, l'anima non può bruciare di un fuoco fisico; 9.Il libero arbitrio è una potenza passiva, non attiva, mossa necessariamente dal desiderio; 10.Dio non conosce i particolari; 11.Dio conosce solo se stesso; 12.Le azioni umane non sono dirette dalla provvidenza divina; 13.Dio non può conferire immortalità o incorruttibilità ad una realtà mortale o corporea 7 Marzo 1277: 219 proposizioni all'indice ! Consigli bibliografici  M. Campanini, Introduzione alla filosofia islamica, Laterza, 2004  M. Campanini, Averroè, Il Mulino, 2007  C. D'Ancona (a cura di), Storia della Filosofia nell'Islam medievale, 2 voll., Einaudi, 2005  E. Gilson, Les sources greco-arabes de l'augustinisme avicennisant, Paris: Vrin, 1986 (rist.)  D. Gutas, Pensiero greco, cultura araba, (trad. it. a cura di C. D'Ancona), Einaudi, 2002  O. Lizzini, Avicenna, Carocci, 2012