lunedì 16 luglio 2012

Differenza tra società civile e stato

Natura e caratteristiche della società civile
di Salvador Giner

L'analisi delle concezioni classiche della società civile fa nascere alcune domande. La società civile esiste? È stata mai un'unità storica identificabile? È un concetto utile? Non solo le interpretazioni differiscono le une dalle altre, ma quasi tutte trattano della società civile con notevole imprecisione. Forse però tale imprecisione è sintomatica della natura di quanto descritto, più che un riflesso di possibili negligenze da parte dei suoi interpreti. In forte contrasto con le frontiere ben delineate dell'entità a essa 'opposta', lo Stato, quelle della società civile sono condannate a rimanere incerte. Per lo Stato, la demarcazione è fondamentale. Per la società civile, fondamentale è l'ambiguità (quella che scaturisce da un certo genere di libertà).
E nonostante i problemi a cui dà luogo l'identificazione della società civile con il regno della libertà individualistica e competitiva, non si può facilmente fare a meno della nozione che la denota (e di tutto ciò che essa connota). L'ordine liberale a cui essa pienamente appartiene è impensabile senza una società civile. È la sua stessa essenza, sebbene qualche filosofo politico si discosti da questa opinione classica. In ogni caso si può tentare di dare una risposta una volta che possediamo, cioè una definizione accettabile di società civile;
Iniziamo, tuttavia, con una precisazione empirica: nel 'mondo reale' non esistono società civili paradigmatiche. Si può solo dire che alcuni paesi si avvicinano più di altri al modello ideale. Esistono, tutt'al più, varie società civili, tutte diverse le une dalle altre. Alcune sono più mature, altre meno. Così, si dice spesso che l'Inghilterra e gli Stati Uniti possiedano società civili forti (ma ciò non impedisce che l'espressione si usi in entrambi i paesi con scarsa frequenza). Al contrario, la Grecia moderna, per esempio, è solitamente definita una nazione dotata di una società civile debole. Questa distinzione è stata spesso utilizzata per interpretare la storia recente dei paesi dell'Europa meridionale o dell'America Latina, o per caratterizzare determinate regioni (così, la Catalogna e la Lombardia avrebbero società civili forti; la Sicilia e l'Andalusia le avrebbero deboli). La società civile debole spiegherebbe squilibri, dittature e interventismi statali, oltre che endemiche guerre intestine. Dal canto loro, molti paesi extra-occidentali, si suole affermare, sono totalmente privi di una società civile. Stando così le cose, è ovvio che qualsiasi definizione data sarà inevitabilmente un tipo ideale. Quella che segue, così come le cinque dimensioni che la caratterizzano, vanno intese in tal senso. Inoltre, la definizione deve considerarsi valida solo per quel periodo storico durante il quale la civiltà liberale borghese raggiunge il suo apice, senza che né l'espansione dello Stato assistenziale e interventista né le burocrazie private di grandi dimensioni (come le compagnie multinazionali) modifichino sostanzialmente i suoi tratti essenziali.
La società civile può essere definita come quella sfera storicamente costituita di diritti individuali, libertà e associazioni volontarie, la cui autonomia e reciproca concorrenza nel perseguimento dei propri interessi e desideri privati sono garantite da un'istituzione pubblica, chiamata Stato, la quale si astiene dall'intervenire politicamente nella vita interna del detto ambito di attività umane. Qualsiasi società civile così configurata possiede, come minimo, cinque tratti distintivi: individualismo, privacy, mercato, pluralismo e struttura di classe. Ciascuno di questi tratti pone un problema esistenziale alla società civile, ossia genera correnti che lo logorano e che, pertanto, indeboliscono la società civile stessa. I riferimenti a queste controcorrenti hanno lo scopo di frenare qualsiasi eccesso idealistico cui si possa pervenire nello sforzo di abbozzare il tipo ideale di società civile.

Tratto dalla voce Società civile dell’Enciclopedia Treccani on line
http://www.treccani.it/enciclopedia/societa-civile_(Enciclopedia-delle-Scienze-Sociali)/

Stato moderno
di Gianfranco Poggi
Lo Stato così come si configurava nell'Europa occidentale prima della prima guerra mondiale è il modello dello stato moderno. (Alcuni aspetti di quella configurazione, peraltro, erano presenti anche in altre parti d'Europa, nonché nel continente americano e in Giappone). Si tratta di un sistema di dominio politico che generalmente ha le seguenti caratteristiche.
Territorialità. - Il dominio è esercitato da ciascuno Stato con riferimento a una porzione precisamente delimitata del globo. Si noti però che la delimitazione stessa è talora oggetto di contesa tra Stati, e che per alcuni di questi si può distinguere il territorio immediato, metropolitano, dello Stato, da uno o più territori su cui il dominio è esercitato a titolo di possesso coloniale.
Unitarietà. - L'esercizio del dominio pertiene a un complesso di organi che si articola in molteplici uffici, ma la cui unitarietà si rivela, tra l'altro, nell'esistenza di un organo di vertice che, quali che ne siano le competenze, rappresenta lo Stato nel suo insieme. Al di sotto di questo, le varie funzioni di governo (nel senso lato, che comprende la legislazione e la giurisdizione) fanno capo a insiemi di organi che, per quanto complessi, a loro volta sono attivati e/o controllati da un singolo organo (ad esempio, nel caso della giurisdizione, da una corte d'ultima istanza). Questa unitarietà è compatibile con varie forme di autonomia locale e con la più avanzata articolazione organizzativa dei domini rappresentata dagli Stati federali.
Nazionalità. - La popolazione su cui si esercita il dominio è vista a sua volta come unitaria, in quanto pur nella sua diversità è attraversata da certe comunanze, variamente (e per lo più vagamente) definite: di lingua, di religione, di origine etnica, di cultura, di esperienza storica, di destino, di appartenenza al territorio, di fedeltà a una dinastia, di solidarietà. Importanti eccezioni sono rappresentate dalle popolazioni di Stati espressamente multinazionali, come l'Impero russo e quello austro-ungarico.
Legittimità democratica. - Il riferimento alla democrazia come principio fondante dell'esistenza stessa degli Stati è per lo più esplicito solo a partire dalla prima guerra mondiale, ma è implicito nell'idea stessa di nazionalità, quanto meno in quelle versioni che vedono nella nazione non solo l'oggetto del dominio politico, ma anche la base costituente di esso e la sede ultima della sovranità, e/o propongono l'interesse nazionale come obiettivo costante (anche se generico e remoto) dell'azione statale, e in particolare della politica estera. In ogni caso lo Stato si legittima, vale a dire giustifica la sua richiesta di obbedienza ai propri comandi, in base all'assunto che l'investitura di chi esercita il comando proviene, tramite complesse mediazioni istituzionali (e ideologiche), da coloro stessi a cui si chiede l'obbedienza.
Stato di diritto. - Il dominio si manifesta precipuamente attraverso la formazione, l'esecuzione e l'applicazione di leggi, intese come comandi generali e astratti. La validità di questi comandi si fonda sull'osservanza di procedure fissate da atti o consuetudini costituzionali e sul rispetto di alcuni principî sostanziali, che garantiscono certe aspettative degli individui anche nei confronti dell'azione statale o la impegnano a favorire determinati interessi individuali. Gli organi incaricati di svolgere le varie funzioni statali sono istituiti da leggi, che ne regolano le operazioni, facendone dipendere l'efficacia dall'osservanza di quelle regole. La corretta esecuzione delle leggi, quando incidano su legittimi interessi individuali, può essere verificata da organi giudiziari, siano questi ordinari o speciali. Leggi o consuetudini costituzionali talora individuano e circoscrivono una sfera di affari esplicitamente 'politici' - precipuamente la tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza dello Stato - nell'affrontare i quali determinati organi statali possono, in condizioni di emergenza e fino a quando l'emergenza continui, soprassedere a norme che generalmente ne limitano l'azione.
Società civile. - Lo Stato così costituito è complementare a un ambito sociale vasto e differenziato, in cui gli individui perseguono autonomamente interessi privati, precipuamente ma non esclusivamente di natura economica, impegnando risorse loro proprie e intrecciando gli uni con gli altri rapporti di natura contrattuale. Il diritto di proprietà e la disciplina legislativa del contratto sono gli strumenti essenziali tramite i quali lo Stato garantisce queste attività private, che avviano una forte dinamica sociale e normalmente danno adito a una divisione del lavoro entro la popolazione e alla formazione di imprese e di classi. Ma l'autonomia privata è anche lo strumento di altre attività individuali che lo Stato garantisce, ma in cui non si ingerisce direttamente, come quelle relative alla religione, alla cultura, alla beneficenza, alla cura dell'intimità familiare e dell'amicizia, al tempo libero. Le differenziazioni sociali a cui danno luogo le varie dinamiche della società civile, e i relativi conflitti, sono normalmente temperati non solo dalla comune soggezione degli individui al dominio politico esercitato dallo Stato, ma anche dalla loro appartenenza alla comunità politica della nazione. In altre parole, gli individui si configurano anche come cittadini.
Sfera pubblica. - I principî costituzionali liberaldemocratici permettono alla cittadinanza di esprimersi attivamente attraverso la pubblica discussione degli affari politici e della condotta degli organi statali, ma soprattutto attraverso la rappresentanza politica. La composizione degli organi legislativi (a cui spetta - in varia misura e attraverso meccanismi diversi - anche l'investitura del potere esecutivo e l'elaborazione di direttive politiche di massima) varia nel tempo, e dipende dal successo che incontrano di volta in volta, in occasione di consultazioni elettorali, gruppi dirigenti che competono gli uni con gli altri per il suffragio della cittadinanza. Il principio della legittimità democratica ha quindi una sua convalida periodica nel processo elettorale, che peraltro sistematicamente divide la cittadinanza, producendo entro l'elettorato 'allineamenti' contrastanti che si riflettono nella formazione di maggioranze e opposizioni all'interno degli organi rappresentativi. Soltanto la composizione dell'esecutivo non riflette la divisione di opinioni e preferenze politiche entro l'elettorato: l'esecutivo riceve il suo mandato dalla maggioranza, e la sua attività può essere discussa dall'opposizione. In ogni caso, la matrice delle politiche è la politica, intesa come confronto tra concezioni legittimamente contrastanti dell'interesse pubblico, che concorrono per assicurarsi il pubblico consenso. L'istituzionalizzazione di questa concorrenza rende la politica degli Stati assai dinamica.
Segregazione istituzionale della violenza organizzata. - Anche se la violenza organizzata rimane centrale nella versione statuale dell'esperienza politica, questa tende a renderla relativamente marginale e occasionale e a rappresentarne l'importanza soprattutto tramite operazioni simboliche. I ruoli che hanno espressamente a che vedere con la violenza vengono affidati a specialisti che normalmente li esercitano soltanto in base a decisioni prese dalle dirigenze politiche e (nel caso della polizia) giudiziarie.

Tratto dalla voce Stato moderno dell’Enciclopedia Treccani on line
http://www.treccani.it/enciclopedia/stato_(Enciclopedia-delle-Scienze-Sociali)/