quarta di copertina da "I Simpson e la filosofia"

indice (per aprire il menu clicca la freccia)

domenica 5 agosto 2007

LE CIVILTA' PRECOLOMBIANE

Le civiltà precolombiane

Per civiltà precolombiane si intendono tutte quelle culture delle Americhe che sorsero prima della colonizzazione europea delle Americhe.
Queste civiltà avevano delle caratteristiche in comune: erano agricoltura ed avevano un'organizzazione sociale gerarchica.
Molte di queste civiltà erano ormai decadute al momento dell'arrivo degli europei (fine XV secolo - inizio del XVI) e sono conosciute solo attraverso i resti archeologici. Altre, invece, erano ancora vitali e sono conosciute grazie ai racconti dell'epoca. Poche di esse (come, ad esempio, i Maya), avevano dei resoconti scritti della propria storia.
Dove ancora esistono, le tradizioni e pratiche che possono essere messe in relazione con quelle antiche, anche se sono spesso combinate con modificazioni recenti.
Le civiltà precolombiane sorsero in Mesoamerica ed in Sudamerica. Le principali furono: gli Aztechi, i Toltechi, i Maya, i Chibcha e gli Inca. Nel Nordamerica, invece, gli insediamenti umani non raggiunsero un livello culturale così elevato come le civiltà appena nominate, in parte, a causa della minore densità di popolazione ma, soprattutto, per le loro attività seminomadi.
Le civiltà precolombiane non utilizzarono mai la ruota per fini pratici. Avevano però il concetto di arco e di volta nell'architettura (che derivano da quello di ruota): per questo tutti i ponti erano sospesi, come si può ben vedere nelle profonde valli andine, in cui furono costruiti ponti, realizzati con materiali vegetali, che erano delle vere e proprie meraviglie architettoniche.
Inoltre, si può constatare lo scarso uso dei metalli per le attività belliche nonostante che, in altri ambiti, il livello culturale fosse particolarmente elevato, come nell'osservazione degli astri, nella notazione del tempo (ad es. il calendario maya), nell'oreficeria e nell'artigianato
Un altro elemento delle culture precolombiane, che raggiunse un altro grado di sviluppo, fu l'edificazione di templi e siti religiosi monumentali, come dimostrano le zone archeologiche di Cusco, Machu Picchu e Nazca nel territorio dell'Impero Inca, nelle Ande, e Teotihuacan, Templo Mayor a Città del Messico, Tajín, Palenque, Tulum, Tikal, Chichen-Itza, Montealbán in Mesoamerica.

Economia
L'economia delle civiltà più sviluppate era basata sull'agricoltura e l'alimentazione di base proveniva dalle coltivazioni di mais, fagioli o zucca, soprattutto in Mesoamerica, mentre i tuberi come la patata o la patata dolce (o patata americana), così come le radici della manioca, pianta originaria dell'America del Sud, costituivano le coltivazioni più importanti per questa parte del continente.
Le attività di caccia e di pesca apportavano i necessari complementi proteici e di grassi alla dieta dei nativi americani. Tra le piante autoctone possiamo ricordare il pomodoro, l'avocado, il merey, le arachidi, il cacao, l'ananas, etc.
Gli animali domestici più importanti non erano presenti in America, furono, infatti, introdotti dagli spagnoli. Ad eccezione dei cani e dei porcellini d'India per gli Inca e dei tacchini nell'America del Nord e nel Messico, gli animali domestici erano davvero scarsi. I lama, una varietà di camelidi presente nella regione andina, erano un'altra specie animale addomesticata per trasportare carichi, visto che erano molto resistenti e potevano sopportare fino a 40 Kg sui sentieri delle Ande (dove la necessità di trasportare carichi era molto sentita), mentre l'alpaca veniva addomesticato per ottenere la sua lana, da sempre molto apprezzata. Invece, la vigogna e il guanaco, specie somiglianti ai lama ma più piccole, non furono mai addomesticate e venivano cacciate per ottenere carne, lana e pelli.

I MAYA
Città e cultura
Alla produzione maya si devono numerosi centri urbani tra i più spettacolari dell’antichità: Tikal, Palenque, Yaxchilán, Copán, Piedras Negras, Uxmal, Chichén Itzá per citare solo i più grandiosi.
Sotto gli influssi della potente cultura irradiata da questi centri, gli antichi Maya realizzarono uno dei complessi di cultura materiale e di cultura teorica più raffinato dell’Storia
Sulla base di alcune ricerche, il corso storico della civiltà Maya sarebbe passato attraverso tre periodi: Periodo Preclassico, Periodo Classico e Periodo Postclassico.
Periodo Preclassico
Nel Periodo Preclassico c’è la presenza, nella regione del Petén, dei primi Maya. Forse giunsero dal nord oppure subirono l’influenza di alcuni immigrati provenienti dalla regione del Messico. Essi erano probabilmente tribù di nomadi che si trasformarono in agricoltori abitando in piccoli gruppi vicino ai terreni coltivati. La loro coltura principale era quella del mais, coltivata soprattutto negli altipiani del Guatemala.
Dopo la fase Swasey di Cuello, la storiografia registra un lungo iato che si conclude attorno al XIII secolo con l'inserimento dell’area maya nel mondo Olmeca. Terminata questa fase, la cultura maya ha un primo balzo in avanti, sotto l’influenza di Cerro de Las Mesas, con i centri del versante pacifico del Guatemala (Izapa, Kaminaljuyú) ed a nord dell’area che comprende siti come Uaxactún e El Mirador).
Oggi sappiamo che questo periodo di transizione dal Preclassico al Classico fu uno dei più alti nella storia maya in quanto a fervore intellettuale e si può a ragione presumere che tutta l’area vide questa fioritura, anche se a differenti gradi. El Mirador fu forse il nucleo di maggior produzione culturale e da qui, come abbiamo già visto, può essere partita la spinta decisiva alla successiva maturazione del Periodo Classico della cultura Maya.
All’inizio dell'era cristiana El Mirador, come Izapa e Nakbe', decade rapidamente e progressivamente il centro della produzione artistica ed intellettuale si sposta decisamente nei bassipiani del Petén, dove i Maya furono capaci di dare vita al massimo della loro espressione di cultura e dove sorsero i loro più grandi centri: vaste ed articolate strutture architettoniche, stuccate e colorate, con ardite attuazioni del tipo "a falsa volta", unite fra loro - ed è il fatto più mirabile - da strade lastricate che attraversano la giungla.
Periodo Classico
Nel secondo periodo, quello Classico, i Maya raggiunsero il loro massimo splendore (nell’odierno Guatemala) con la costruzione di città-stato come ad esempio Palenque, Piedras Negras, Copán e Quirigua. Con il finire del IX secolo, però, queste città furono tutte abbandonate, ma il motivo non è ben chiaro: forse per terremoti, modificazioni del clima, epidemie, guerre civili. Dal X secolo i Maya non costruirono più monumenti, templi; così in questa età ha termine il periodo di massimo splendore.

Una prima fase del Classico (250-600 d.C.) è caratterizzata da un forte influenza culturale ed economica della metropoli messicana Teotihuacan. Alla fine di questa fase l’intero mondo Maya prende il via verso il suo apogeo culturale. Ciascuna città maya ha caratteristiche specifiche, che la distinguono nettamente dalle altre. E’ pensabile che i grandi centri costituissero attorno a loro delle piccole regioni culturalmente definite ed ancora oggi chiaramente identificabili. Eppure l’area ha una sua forte unità, perché quasi come obbedendo ad un ordine superiore, ad un piano preordinato ed imposto a tutto il mondo maya, ogni regione sembra specializzarsi, assumendo un ruolo preciso all’interno della intera produzione teorica e materiale: un vero sistema integrato come quello di una nazione unitaria. Così, mentre un centro si specializza nella produzione di steli e nella loro incisione, l’altro si dedica agli studi astronomici; un altro ancora produce milioni di manufatti in pietra. Se Copán ha le più belle steli a tutto tondo e Quiriguá le più alte e possenti, l’isolotto di Jaina ci restituisce le più belle e delicate statuine fittili della tradizione maya.
Nell’impianto urbano e nelle soluzioni architettoniche l’espressione maya mantiene originalità e regionalismi. Ad un primo approccio il progetto urbano di fondo che guida ogni altra città mesoamericana sembra assente in quelle maya: è così a Palenque, obbligata da un diseguale terreno ad impennate di piattaforme e templi; così è a Tikal, costretta invece nei limiti di un terreno carsico solo a tratti edificabile; ma così è anche a Copán, dove la piatta distesa avrebbe permesso il dispiegarsi tranquillo di ogni soluzione urbana tradizionale.
Solo un’attenta analisi degli sviluppi urbani permette di riacquisire il discorso unitario del progetto iniziale maya: progetto che si perse nel dispiegarsi degli eventi e nel sovrapporsi di nuovi poteri. La ricchezza architettonica di Tikal non ci restituirebbe altrimenti l’equilibrio delle masse delle acropoli, disposte invece puntualmente sul solito asse nord-sud; e non sarebbe possibile ricavarne la stessa disposizione nelle complesse strutture di grandi piazze, cortili e piattaforme sovrapposte di Palenque, come di Copán.
Periodo Postclassico
Il terzo periodo, o Postclassico, vede il centro della civiltà dei Maya spostarsi più a settentrione, nella regione dello Yucatàn. Le condizioni ambientali influirono in senso negativo sulla cultura dei Maya , infatti quando arrivarono gli Spagnoli la civiltà era già in piena decadenza.
Verso il X secolo d.C. tutte le grandi città vengono rapidamente abbandonate. Per quasi duecento anni, lo Yucatan fiorisce e si sviluppano centri come Uxmal e (nel nord-est della penisola yucateca) Chichen Itza.
La fine della fioritura classica maya fu sicuramente il prodotto di molte cause, tutte in qualche modo legate alla tipologia del costrutto economico e sociale di questo popolo mesoamericano. La fortuna delle sue città era nata e cresciuta sul consenso conquistato dalla sapienza della sua classe sacerdotale nelle cose sacre e in quelle della natura. Come al tempo degli Olmechi, il capo-sacerdote era ancora il punto regolatore fra gli uomini e il divino. Quando però la tecnologia agricola fu insufficiente a coprire le esigenze economiche, il consenso entrò in crisi: crollo economico, carestie, rivolte, guerre fecero sgretolare nel giro di pochi decenni il mondo maya, costruito in secoli di paziente fatica
Religione maya
La religione maya è quell'insieme di credenze politeiste, con una storia di più di 3000 anni, della civiltà maya precolombiana. Questa religione, che faceva fortemente riferimento alle forze della natura (sole, luna e pioggia in particolare), era una complessa forma di politeismo basata sul concetto di dualità: la vita e la morte, il giorno e la notte, il maschio e la femmina. I pochi elementi dell'antica religione che oggi sopravvivono non derivano dalla complessa teologia della classe sacerdotale, ma dalle credenze in semplici divinità mitologia della natura, come i Chac e le divinità della fertilità.
Il dio supremo era considerato Itzamà o Itzamna, dio solare, inventore della scrittura e protettore dell'agricoltura. Altra divinità era Kukulkán, il serpente piumato a due teste, da alcuni identificato con il cielo, a cui si facevano sacrifici umani. Infine, altre tre divinità fondamentali erano Ixchel (dea lunare, protettrice delle partorienti e delle attività femminili), Yum Kaa (dio del mais) ed Ahpuch (dio della morte).
La religione e i centri cerimoniali erano diretti dalla casta sacerdotale ah kin (il solare), con a capo l'ahaucan (principe dei serpenti), detentrice delle conoscenze astronomiche e del complesso calendario di feste che si svolgevano con riti propiziatori, sacrifici umani, preghiere e banchetti. I sacerdoti indossavano vestiti di pelle di cervo, di giaguaro o di altri animali per assumerne le capacità.
Solo tre testi maya completi sono sopravvissuti allo scorrere degli anni. I più furono bruciati dagli spagnoli durante l'invasione. È per questo che oggi risulta difficile conoscere profondamente la religione Maya. I libri sono:
Il Popol Vuh (o Libro del consiglio) tratta dei miti della creazione terrestre, delle avventure delle divinità gemelle e della creazione del primo uomo;
I libri del "Chilam Balam" che descrivono le tradizioni della cultura maya;
Le cronache di Chacxulubchen, altro libro fondamentale per la comprensione della religione maya.
Secondo la religione dei Maya l'uomo è "una pallina di acqua e mais modellata dagli dèi". Questo spiega perché tra le divinità Maya c'è un posto anche per il dio Mais, alimento sacro.
Uno dei riti religiosi più importanti era il gioco della palla "Pok-a-tok", metafora del sole (simile al gioco della pelota). È solo con la conquista Tolteca, durante il declino della civiltà Maya che la religione assunse un carattere cruento ed aumentarono di frequenza i sacrifici umani.

GLI AZTECHI
Gli Aztechi furono una delle grandi civiltà precolombiane, la più florida e viva al momento del contatto con gli ispanici. Si svilupparono nella regione mesoamericana dell'attuale Messico dal secolo XIV al XVI.
In nahuatl, il linguaggio nativo degli Aztechi, "Azteco" significa "colui che viene da Aztlàn", una regione mitica nel nord del Messico. Gli Aztechi si riferivano a loro stessi come Mexica o Tenochca: l'uso del termine "aztechi" come termine generico per designare tutte le genti accomunate da tradizioni, abitudini, religione e lingua ai Mexica è stato introdotto dal geografo tedesco Alexander von Humboldt per distinzione dagli attuali messicani.
L'etimologia del termine Mexica rimane incerta. Alcuni ipotizzano che sia la parola Nahuatl che indica il Sole. Altri ritengono che possa derivare dal nome del loro condottiero Mexitli. Altri ancora affermano che si tratti di un tipo di pianta che cresceva nel lago Texcoco. Leon Portilla suggerisce che stia per "ombelico della luna" dal Nahuatl metztli (luna) e xictli (ombelico).
Le origini
Nella consolidata mitologia azteca, la leggenda vuole che i mexicas fossero partiti da Aztlàn per giungere dopo una lunga peregrinazione nella valle Anahuac intorno al lago Texcoco. Essa era circondata da vulcani e vi si stabilirono conquistando fermamente tutti gli altri popoli dell'America centrale. Fu l'ultima tribù arrivata lì di sette nahuatlacas (di lingua nahuatl). Il loro dio Huitzilopotchtli aveva predetto che un giorno essi avrebbero visto un'aquila sopra un cactus nopal con un serpente nel becco e in quel punto avrebbero fondato la loro Tenochtitlàn, su un isolotto nel lago Texcoco. Oggi il lago è ormai prosciugato da anni, Tenochtitlàn è diventata Città del Messico ma l'aquila della profezia è rimasta al centro della bandiera messicana.
Leggenda a parte, i mexica arrivarono realmente ultimi alla ricerca di un posto più accogliente dell'arido nord messicano. Poveri e non bene accetti da parte degli abitanti di origine tolteca, riuscirono comunque a stabilirsi accettando ed assimilando la loro cultura, al punto che per loro il termine Toltecayotl divenne sinonimo di cultura. Nel 1325 fondarono Tenochtitlàn e riuscirono a svilupparsi seppur sotto il dominio di Azcapotzalco, che servivano come mercenari. Assunsero così un'impronta militare che li portò a sopraffare Azcapotzalco e a sottomettere progressivamente diverse tribù, in un crescendo che vide la nascita del più grande impero che fosse mai esistito nel centroamerica.
La crescita degli Aztechi

Inizialmente, i Mexica si offrivano come mercenari nelle guerre fra i Toltechi. Col tempo giunsero ad ottenere una gloria tale da ricevere matrimoni regali. I sovrani dei Mexica erano, fra il 1372 e il 1427, vassalli del signore dei Tepanechi.
Tenochtitlán divenne gradualmente la forza dominante nell'alleanza. Motecuhzoma I, nipote di Itzcóatl, ereditò il trono nel 1449 ed espanse il regno. Suo figlio circondò il regno di Tlatelolco continuò con la conquista di Matlazinca e delle città Tollocan, Ocuillan e Mallinalco. Fu sconfitto dai tarascos a Tzintzuntzan (la prima grande sconfitta che gli Aztechi dovettero subire), ma si riprese e prese il controllo della regione di Huasteca, conquistando i Mixtechi e gli Zapotechi.
Nel 1481 Ahuitzol divenuto re riorganizzò l'esercito e l'impero raggiunse il suo apice durante il suo regno. Il suo successore fu Motecuhzoma II (meglio conosciuto come Montezuma II), che era imperatore quando arrivarono gli Spagnoli nel 1519.
L'impero
L'Impero Azteco non è molto simile agli imperi della storia Europea. Come molti imperi Europei, era pieno di molte etnie, ma diversamente dalla maggior parte degli imperi Europei, era più un sistema di tributi che un singolo sistema di amministrazione. Arnold Toynbee, nell'opera "Guerra e Civilizzazione", lo paragona all'Impero Assiro anche per la violenza praticata (vedi oltre).
L'ufficiale più importante del governo di Tenochtitlán è spesso chiamato l'Imperatore Azteco. Il titolo Nahuatl per una posizione del genere, huey tlatoque, si traduce con "Grande Comandante"; i Tlatoque erano una classe superiore. L'huey tlatoque degli Aztechi era altrimenti conosciuto come il tlatoani ("Oratore") o huey tlatoani ("Grande Oratore"). Questo ufficio prese gradualmente più potere con la crescita di Tenochtitlán, e col tempo "Imperatore" divenne un'analogia giusta; come nel Sacro Romano Impero, il titolo non era ereditario.
La maggior parte dell'impero Azteco fu formato da un uomo, Tlacaelel (in Nahuatl "cuore virile"). Anche se gli fu offerta l'opportunità di essere un tlatoani, preferì stare dietro il trono. Tlacaelel era nipote del tlatoani Itzcóatl, e fratello di Chimalpopoca e Montezuma I, il suo titolo era Cihuacoatl (in onore della dea, traducibile con "consigliere"), ma come riportato nel Codice di Ramirez, "quello che ordinava Tlacaelel, veniva fatto al più presto". Diede al governo Azteco una nuova struttura, ordinò la distruzione della maggior parte dei libri Aztechi (la sua spiegazione fu che erano pieni di inesattezze) così poté riscrivere la loro storia. Inoltre Tlacaelel riformò la religione Azteca, ponendo il dio tribale Huitzilopochtli sullo stesso piano degli antichi dei nahuas, Tlaloc, Tezcatlipoca, e Quetzalcoatl. In questo modo Tlacalel creò una coscienza storica per gli Aztechi. Creò anche l'istituzione della guerra rituale (le guerre dei fiori) come un modo per avere combattenti addestrati, e la necessità di sacrifici umani costanti "per tenere il Sole in movimento". Alcuni scrittori credono che le classi più alte erano consapevoli di questa falsificazione, il che può spiegare le azioni che fece Montezuma quando incontrò Hernán Cortés. Ma, infine, le istituzioni contribuirono alla caduta dell'impero Azteco. Il popolo di Tlaxcalla fu conquistato risparmiando delle vittime, a costo di partecipare alla guerra dei fiori. Quando Cortés venne a sapere ciò, li avvicinò ed essi diventarono suoi alleati. I Tlaxcaltechi fornirono migliaia di uomini a supportare le poche centinaia di Spagnoli. La strategia di guerra Azteca era basata sulla cattura di prigionieri da guerrieri individuali, e non sul lavoro di gruppo per uccidere nemici in battaglia. Quando gli Aztechi arrivarono a riconoscere che cosa significava la guerra in Europa, era troppo tardi.

Sacrifici umani

Un aspetto assai celebre e cruento della cultura azteca è la pratica del sacrificio umano, che, secondo le credenze azteche, era necessario per sfamare e placare gli dèi. Questa pratica rituale veniva legittimata dal mito delle origini, dove si afferma che gli dèi, dopo l'avvento del Quinto Sole (dato che, secondo questo popolo, il mondo era stato creato cinque volte e distrutto quattro, ogni epoca era chiamata "Sole") si erano dovuti sacrificare gettandosi nel fuoco, così gli uomini erano tenuti a seguire il loro esempio.
Anche se il sacrificio umano era praticato attraverso tutto il Mesoamerica, gli Aztechi (se ritenuti veritieri i pochi scritti sopravvissuti fino ai giorni nostri concernenti la loro cultura) portarono questa pratica ad un livello senza precedenti. Ad esempio, per la riconsacrazione della Grande Piramide di Tenochtitlan nel 1487, fonti azteche riferiscono di almeno 84.400 prigionieri sacrificati nel corso di soli 4 giorni.
Tuttavia, questi numeri possono essere considerati esagerati tenendo conto della scarsa logica nel sacrificare 84.000 persone. Simile idea si è ormai affermata anche per quanto riguarda il presunto cannibalismo degli Aztechi: anche se è probabile che rituali cannibalistici esistessero nella cultura azteca, è messo in dubbio che tale pratica fosse molto diffusa, e si è portati a ritenere che fosse celebrata solamente in rare occasioni.
Negli scritti di Bernardino de Sahagùn, un "anonimo informatore" azteco difende la pratica del sacrificio umano, affermando che essa non era tanto diversa dal principio della guerra portato avanti in Europa: gli Europei uccidevano i guerrieri in battaglia, mentre gli Aztechi li uccidevano dopo la battaglia.
Fonti degli Tlaxcaltecas, i principali nemici degli Aztechi ai tempi della conquista spagnola, dimostrano che almeno alcuni di loro consideravano un grande onore l'essere sacrificati. In una leggenda, il guerriero Tlahuicole fu liberato dagli Aztechi, ma egli tornò indietro per morire con onore nel sacrificio rituale. I Tlaxcaltecas, del resto, praticavano a loro volta il sacrificio umano sui guerrieri aztechi catturati.
Qui di seguito è riportata la descrizione di Bernal Diaz del Castillo, uno dei conquistadores che assistette, impotente, al sacrificio dei compagni durante l'assedio di Tenochtitlan. Tuttavia tale testimonianza può essere ritenuta esagerata, non era infatti raro che venissero diffuse volutamente false "testimonianze" sugli "orrori" compiuti dalle popolazioni indigene mesoamericane, nel tentativo di giustificare le crudeltà attuate dai conquistatori Europei.
«Vennero suonati il cupo tamburo di Huichilobos e molte altre buccine e corni e strumenti come trombe, e il frastuono era terrificante. Tutti noi guardammo in direzione della grande Piramide, da dove giungeva il suono e vedemmo che i nostri compagni, catturati quando era stato sconfitto Cortés, venivano portati a forza su per i gradini per essere sacrificati. Quando li ebbero portati sulla piccola piazza, davanti al santuario dove sono custoditi i loro maledetti idoli, vedemmo che ponevano piume sulle teste di molti di loro, e ventagli nelle loro mani; e li costrinsero a danzare davanti a Hiuchilobos, e dopo che ebbero danzato, immediatamente li stesero riversi su pietre piuttosto strette preparate per il sacrificio, e con coltelli di pietra squarciarono loro il petto ed estrassero i cuori palpitanti e li offrirono agli idoli che stavano là. Quindi a calci gettarono i corpi giù per la gradinata e i macellai indios che li attendevano là sotto tagliarono le braccia e i piedi e scuoiarono la pelle dei volti e quindi la prepararono come fosse pelle da guanti, con le barbe, e la conservarono per le loro feste. Allo stesso modo sacrificarono tutti gli altri e mangiarono le gambe e le braccia e offrirono agli idoli i cuori e il sangue.»

Mitologia
La creazione del mondo

Poiché gli aztechi fusero molte tradizioni con le loro, ebbero molti miti sulla creazione: secondo uno di essi ci sono state quattro grandi Ere prima del mondo attuale, ognuna di esse conclusasi con una catastrofe. La nostra Era - Nahui-Ollin, la quinta era o quinta creazione - è dovuta al sacrificio di un dio (nanahuatl, il più piccolo degli dei), che in seguito al suo gesto fu trasformato nel Sole. Le ere precedenti sono raffigurate anche nella Piedra del Sol, il calendario azteco rinvenuto a Città del Messico. Fu proprio il sacrificio di questo dio che rese gli aztechi convinti di avere la responsabilità di mantenere vivo il mondo attraverso sacrifici umani costanti.
Un altro mito descrive la Terra come la creazione di due divinità gemelle, Tezcatlipoca e Quetzalcoatl. Tezcatlipoca perse un piede nel suo atto e tutte le rappresentazioni di questo dio lo raffigurano privo di un piede e con un osso sporgente. Quetzalcoatl è detto anche "Tezcatlipoca bianco".

Divinità

Gli Aztechi seguivano una forma di politeismo molto complicata comprendente un grande numero di divinità. Molto importante era il Dio Quetzalcoatl, leggendario re Tolteco considerato padre della civiltà e colui che aveva introdotto numerose innovazioni sociali. Secondo la leggenda Quetzalcoatl sarebbe migrato dalla Mesoamerica a bordo di una nave con la promessa di tornare a guidare i popoli della zona dopo un certo lasso di tempo. Quetzalcoatl era raffigurato con la barba che gli copriva il volto (cosa questa alquanto strana per i popoli della zona che in genere erano completamente glabri sul viso e con la pelle bianca, cosa questa che secondo molti storici avrebbe indotto Motecuhzoma II a pensare che Hernan Cortez fosse il Dio al suo ritorno in patria e a non attaccare subito i conquistadores. Secondo la Mitologia azteca Quetzalcoatl era contrario ai sacrifici umani e durante le feste in suo onore non avvenivano sacrifici umani. Spesso Quetzalcoatl veniva messo in contrapposizione con il Dio Tezcatlipoca che rappresentava il suo gemello e il suo opposto.
Il dio nazionale degli Aztechi era Huitzilopochtli, nome che significa letteralmente "colibrì del Sud", che era dio della guerra e del sole. Originariamente di poca importanza nella cultura nahuatl, con il passare del tempo divenne sempre più importante, fino a diventare la divinità centrale della religione Azteca. In suo nome venivano celebrati sacrifici umani e feste soprattutto nel mese di Panquetzaliztli (dal 7 al 26 Dicembre).

Società Azteca
Classi Sociali

La classe sociale di rango più elevato era composta dai pilli cioè dalla nobiltà. Originariamente questo titolo non era ereditario anche se i figli dei pilli potendo accedere a migliori risorse ed educazione potevano più agevolmente diventare a loro volta pilli. Più tardi il sistema delle classi sociali divenne ereditario.
La seconda classe era composta dai mācehualli, di estrazione contadina. Eduardo Noguera stimò che nell'età più avanzata della civiltà azteca solo il 20% della popolazione si dedicava all'agricoltura ed alla produzione di cibo. Il resto della società era composto da guerrieri artigiani e mercanti. Per questo molti mācehuallis si dedicavano ad arti e mestieri. I loro lavori erano un importante fonte di guadagno per la città.
Anche gli schiavi o tlacotin costituivano una classe importante. Gli Aztechi potevano diventare schiavi a causa dei debiti, come punizione per dei reati o come prigionieri di guerra. Uno schiavo poteva avere possedimenti e addirittura possedere a sua volta schiavi. Gli schiavi potevano comprare la libertà e diventavano liberi nel caso in cui avessero avuto un figlio dal padrone o lo avessero sposato. Solitamente alla morte del padrone gli schiavi che avevano servito in maniera migliore il padrone erano liberati, gli altri rientravano nell'eredità.
I mercanti viaggianti, chiamati pochteca erano una piccola ma potente classe sociale, poiché non solo facilitavano il commerci, ma comunicavano anche informazioni vitali da ogni parte dell'Impero. Erano spesso assunti come spie.

Educazione

Fino ai quattordici anni l'educazione dei bambini era nelle mani dei loro genitori, ma sotto la supervisione delle autorità. Parte di questa educazione era composta da un insieme di modi di dire chiamato huēhuetlàtolli ("detti antichi"), che includeva gli ideali Aztachi. Dal linguaggio degli huēhuetlatolli pare che essi si siano evoluti nel corso dei secoli.
A 15 anni tutti i ragazzi e le ragazze frequentavano la scuola. I Mexica, uno dei gruppi etnici Aztechi, furono uno dei primi popoli al mondo ad avere una istruzione base per praticamente tutti i ragazzi, senza differenze di sesso, rango sociale o economico. Vi erano due tipi di scuola: la telpochcalli, per studi pratici e militari, e il calmecac, per studi avanzati in scrittura, astronomia, politica, teologia, e altre discipline. Queste due istituzioni sembrano essere simili a quello di altre popoli Nahua, portando alcuni esperti a credere che queste fossero più antiche della cultura Azteca.
Gli insegnanti Aztechi (i tlatimine) proponevano un regime di educazione spartano con lo scopo di formare un carattere stoico negli alunni.
Le ragazze erano istruite nei mestieri domestici e nella crescita dei bambini. A loro non era isegnato a leggere o scrivere. Tutte le donne ricevevano un insegnamento religioso; abbiamo disegni raffiguranti donne che presiedono cerimonie religiose, ma non abbiamo fonti che parlino di donne sacerdotesse.

Arti

Canzoni e poesie erano molto importanti per gli Aztechi; vi erano rappresentazioni teatrali e gare poetiche nella gran parte delle feste Azteche. Vi erano anche una sorta di rappresentazioni drammatiche che includevano attori, musicisti e acrobati.
La poesia era l'unica attività di un certo valore di cui si occupavano i guerrieri Aztechi in tempo di pace. Un buon numero di queste poesie sono sopravvissute, essendo state raccolte durante l'epoca della conquista spagnola. In alcuni casi le poesie sono attribuite a poeti, come Netzahualcoyotl, tlatoani di Texcoco, e Cuacuatzin, Signore di Tepechpan, ma se queste attribuzioni riflettano i reali autori è materia di discussione. Miguel León-Portilla, un noto studioso Messicano di storia Azteca, crede che sia nella poesia che possiamo trovare il vero pensiero degli Aztechi, indipendente dalla ideologia "ufficiale".
È importante notare che gli Spagnoli classificarono molti aspetti della cultura Azteca/Nahuatl secondo lessico e organizzazione in categorie con cui si soleva distinguerli in Europa. Nello stesso modo in cui nella seconda lettera Cortez menzionava delle "mesquitas", cioè delle "moschee", allorché tentò di tradurre in parole l'impressione datagli dall'architettura Azteca, i primi coloni e missionari divisero i principali stili della letteratura nahuatl in "poesia" e "prosa" . La "Poesia" era in xochitl in cuicatl un espressione significante "il fiore e la musica" ed era divisa in generi diversi. Yaocuicatl era rivolto alla guerra e al dio (agli dei) della guerra, Teocuicatl agli dei e al mito della creazione, oltreché all'adorazione di questi, xochicuicatl ai fiori (un simbolo della poesia stessa e indicativo della grande metaforicità della poesia che spesso utilizzava la dualità per dare più linee di interpretazione del testo). La "Prosa" era tlahtolli, anch'esso con numerose sottocategorie.

La più importante collezione di questi poemi e il Romances de los señores de la Nueva España, raccolti a Tezcoco nel 1582 probabilmente da Juan Bautista de Pomar. Bautista de Pomar era il bisnipote di Netzahualcoyotl, parlava il Nahuatl ma era Cristiano e scriveva con caratteri Latini.
Il popolo Azteco inoltre amava le rappresentazioni drammatiche, una sorta di teatro. Alcune opere erano comiche, con musica e acrobati, altre raccontavano la storia degli dei. Dopo la conquista le prime chiese aprirono cappelle riservate a questo genere di rappresentazioni. Recitate in Nahuatl e scritte da indigeni convertiti, furono un importante strumento per la conversione alla Cristianità da parte delle masse, e possono essere ritrovate anche oggi sotto forma di pastorali che sono rappresentate durante il Natale per mostrare l'adorazione del bambin Gesù e di altri passaggi Biblici.

Relazioni con altre culture Mesoamericane

Gli Aztechi ammiravano l'abilità manuale dei Mixtechi così tanto che importarono a Tenochtitlan artigiani e chiedevano che venissero realizzati oggetti in stile Mixteco. Gli Aztechi inoltre ammiravano i codici Mixtechi, così che alcuni vennero realizzati su commissione degli Aztechi da questi. In epoche più avanzate le donne cominciarono a portare vesti importate dai Mixtechi, cioè il quexquemetl. Questo era molto invidiato dalle donne che non potevano permettersi i costosi abiti importati.
La situazione era analoga in molti aspetti alla cultura Fenicia che aveva importato e migliorato la propria arte grazie all'incontro con le culture delle zone limitrofe.
Gli archeologi solitamente non hanno problemi a dividere gli artefatti Aztechi con quelli Mixtechi, tuttavia vi sono alcuni oggetti prodoti realizzati dai Mixtechi per l'esportazione verso l'area Azteca la cui classificazione diventa più problematica.

Città

La capitale dell'Impero Azteco era Tenochtitlan, situata dove oggi sorge Città del Messico.
Costruita su alcuni isolotti del Lago Texcoco, la planimetria della città si basava su uno schema simmetrico che divideva la città in quattro sezioni, era inoltre attraversata da canali utilizzati per il trasporto.
Le case erano costruite con legno e mattoni di argilla con tetti di canne, mentre le piramidi, i templi ed i palazzi erano solitamente fatti di pietra.
L'antropologo Eduardo Noguera stima basandosi sul conteggio delle case una popolazione di 200.000 abitanti, aggiungendo anche la popolazione di Tlatelolco (inizialmente città indipendente, venne poi inglobata da Tenochtitlan). Se nel conteggio si includono anche le isole e le sponde del lago arriviamo ad un conteggio che va dai 300.000 ai 700.000 abitanti.

GLI INCA
Quando gli spagnoli (intorno al 1524) con una spedizione guidata da Francisco Pizarro arrivarono per le prima volta nella zona andina trovarono questa regione occupata da una fiorente civiltà, quella degli Inca.
L'impero
L'impero Inca, in quei tempi, occupava una striscia sottile di territorio, lunga circa 4000 Km, sulla costa occidentale del Sudamerica, occupando gran parte dell'attuale Perù, parte dell'Ecuador e della Bolivia, l'Argentina nordoccidentale e una notevole porzione del Cile: gli abitanti di queste zone avevano raggiunto un livello altissimo di civilizzazione, creando capolavori d'arte, costruendo città di incredibile estensione e bellezza e sviluppando una cultura estremamente particolare.

Arte

Gli Inca furono una società conquistatrice e la loro politica assimilazionistica è evidente nel loro stile artistico, che utilizza modi e forme delle culture assoggettate, fondendoli insieme per creare uno stile standard facilmente riproducibile e di rapida diffusione attraverso tutto l'Impero. Le semplici e astratte forme geometriche e le rappresentazioni fortemente stilizzate di animali nelle ceramiche, nelle sculture di legno, erano tutte proprie della cultura inca. I motivi non erano così legati al passato come nelle civiltà precedenti.

Architettura

L'Architettura fu di gran lunga la più importante arte inca, sebbene, cosa sorprendente, il popolo capace di costruire Machu Picchu non conoscesse la ruota.
I templi di pietra costruiti dagli Inca usavano un processo di costruzione “a secco” utilizzato per la prima volta su larga scala dai Tiwanaku. Gli Inca importarono i lavoratori di pietre dalla regione di Cusco quando conquistarono le terre a Sud del Lago Titicaca abitate dai Tiwanaku. Le rocce usate per le costruzioni erano lavorate per incastrarsi insieme perfettamente sovrapponendo ripetutamente una pietra sull'altra e scavando alcune parti della pietra inferiore, sopra la quale veniva compressa la polvere. Il forte incastro e la concavità delle rocce più basse rendevano le costruzioni straordinariamente stabili anche nei frequenti terremoti che colpiscono l'area. Gli Inca costruivano muri dritti eccetto che nelle località religiose più importanti e realizzavano intere città in una sola volta.
Gli Inca riproducevano anche nelle sculture la natura che li circondava. Si potrebbe facilmente pensare che le rocce lungo le strade Inca siano completamente naturali, tranne se si guardano nel periodo giusto dell'anno, quando il sole proietta un'ombra sorprendente, che tradisce le loro forme artificiali.
I ponti di corda sospesi erano usati anche per trasportare messaggi e altri materiali dal Chasqui, una sorta di messaggero che svolgeva la funzione di “postino”.

Terrazzamento e irrigazione

Per trarre il massimo dalla loro terra, gli Inca realizzavano sofisticati sistemi di terrazzamento del suolo e avanzati impianti di irrigazione. La tecnica del terrazzamento consentiva di aumentare la superficie coltivabile e contribuiva a contrastare l'erosione del terreno provocata dall'azione dei venti e delle piogge.
Questa tecnica dell'agricoltura a terrazze era stata appresa dagli Inca dalla precedente civiltà Huari; gli Inca, però, non utilizzavano il terrazzamento solo per la produzione di cibo. Presso i “tambo” (edifici utilizzati come punti di sosta e di ristoro), come ad esempio ad Ollantaytambo, le terrazze erano coltivate con fiori, fatto straordinario per quella terra arida.
Le terrazze della città di Moray vennero lasciate senza irrigazione in un'area deserta e sembrano essere state solamente decorative. I troni provinciali inca erano spesso scolpiti in speroni di roccia naturali, e c'erano circa 360 sorgenti naturali nella zona intorno a Cuzco, come quello del tambo Machay. Presso il tambo Machay la roccia naturale era scolpita ed erano state aggiunte decorazioni di pietra, che creavano cavità e dirigevano l'acqua verso le fontane. Queste sculture pseudo-naturali avevano la funzione di mostrare sia il rispetto degli Inca per la natura e il loro dominio su di essa.

Le città

Le popolazioni della regione andina abitavano sugli altopiani oppure lungo la costa e costruivano le loro territorio e utilizzando i materiali presenti sul posto. Gli edifici sugli altopiani solitamente avevano il tetto spiovente di paglia e le pareti in muratura, mentre quelli sulla costa avevano le pareti costruite in adobe (mattoni crudi di argilla essiccati al sole), intonacate di fango e dipinte, con il tetto piatto. Le città degli altopiani, inoltre, a differenza di quelle sulle coste, dovevano fare i conti con le asperità del terreno, come ad esempio nel caso di Machu Picchu. Questa città, situata in posizione strategica si confini dell'Impero Inca è costituita da circa 143 edifici di granito, di cui circa 80 erano case, mentre gli altri erano templi dedicati al culto. Gli Inca avevano perfezionato delle tecniche molto sofisticate per la lavorazione della pietra: riuscivano infatti a tagliare enormi mattoni usando semplicemente un martello di pietra e della sabbia umida per levigarli. I mattoni così realizzati aderivano con tanta precisione l'uno all'altro che non c'era bisogno della malta per legarli. La capitale dell'Impero, Cuzco, sorgeva nel cuore delle Ande, ed era suddivisa in settori delimitati da strette strade lastricate, disposte in modo da riprodurre i quattro quarti dell'Impero Inca (o Tawantinsuyu). Era molto ricca di templi, palazzi e piazze cerimoniali. La zona centrale era riservata ai sovrani e ai nobili: i loro palazzi spesso erano provvisti di vasche di pietra interrate, in cui i re e i potenti potevano fare il bagno e rilassarsi. L'acqua giungeva alle vasche attraverso dei canali di pietra. Intorno alle città spesso venivano costruiti dei magazzini in cui gli Inca conservavano ogni genere di merce. A questi edifici potevano accedere solamente i funzionari statali in periodi di crisi o di assedio. I magazzini erano sempre forniti di armi, tessuti, lana, patate, mais.

Abiti

Gli abiti erano divisi in tre classi. Il tipo awaska veniva utilizzato in ambito domestico e presentava una tessitura di circa 120 fili per pollice. Abiti di miglior fattura venivano chiamati qunpi ed erano di due tipi. Il primo, indossato dagli uomini qunpikamayuq (portatori di buoni vestiti), era raccolto come tributo in tutto l'Impero ed era usato come moneta di scambio, per adornare i governanti, come regalo ai politici alleati e per cementare la lealtà. L'altro tipo di qunpi era di qualità ancora migliore: era tessuto dalle aqlla (ragazze vergini del tempio del dio sole) e utilizzato solamente per usi reali e religiosi. Aveva una tessitura di 600 fili per pollice, livello mai raggiunto in altre parti del mondo fino alla Rivoluzione Industriale nel XIX secolo.
Oltre alla tunica, le persone importanti indossavano un llawt'u, una serie di corde avvolte intorno alla testa. Per mostrare a tutti la sua importanza, l'Inca Atahualpa commissionò un llawt'u tessuto con i peli di un pipistrello. Il capo di ogni ayllu, o famiglia estesa, aveva il proprio copricapo.
Nelle regioni conquistate, gli abiti tradizionali continuavano ad essere tessuti ma i tessitori migliori, come quelli di Chan Chan, venivano trasferiti a Cuzco e tenuti là per tessere i qunpi.
L'uso della gioielleria non era uniforme attraverso l'impero. Gli artisti Chimú, per esempio, continuarono a portare gli orecchini anche dopo la loro integrazione nell'Impero inca, mentre in molte altre regioni potevano farlo solo i capi locali.

La scrittura

Gli Inca non avevano un vero e proprio metodo di scrittura, però annotavano i dati relativi ai tributi e alle merci contenute nei depositi sul quipu (o khipu), uno strumento simile all'abaco costituito da una corda tesa in orizzontale dalla quale pendevano una serie di fili annodati di diverso spessore e colore. Il dato numerico variava a seconda della lunghezza della corda, del colore e della posizione dei fili e dei tipi di nodi.
Lavorazione di ceramiche e di metalli
Le ceramiche servivano principalmente per scopi pratici, ma nonostante ciò mostravano lo stile imperiale, che era prevalente nei prodotti tessili e negli oggetti metallici inca. Inoltre, gli Inca suonavano tamburi e strumenti a fiato, come i flauti, i flauti di pan e trombe fatte di conchiglie e ceramica.
Gli Inca inoltre realizzavano splendidi oggetti in oro. I metalli preziosi, però, erano molto meno presenti rispetto alle culture peruviane precedenti. Lo stile di lavorazione dei metalli degli Inca deve molta della sua ispirazione all'arte Chimú e infatti i migliori lavoratori di metalli di Chan Chan venivano trasferiti a Cuzco quando il regno di Chimor fu incorporato all'interno dell'Impero. A differenza dei Chimú, gli Inca non sembra considerassero i metalli così preziosi come gli abiti pregiati. Quando per primi gli spagnoli incontrarono gli Inca furono offerti loro in regalo dei vestiti di tipo qompi.
Le scene dipinte sul vasellame e sugli altri oggetti ci forniscono preziose informazioni sulla vita e la cultura delle civiltà andine: si è potuto notare, ad esempio, che generalmente i nobili inca portavano una lancia.

Religione
La religione degli Inca era panteista. Alle civiltà assoggettate dall'impero era permessa l'adorazione dei loro dei ancestrali a condizione che accettassero la supremazia di Inti, il dio sole, che era il dio più importante adorato dagli Inca. Di conseguenza, gli ayllu (cioè le famiglie estese) e le città-stato integrate all'interno dell'Impero avevano la possibilità di continuare ad onorare i loro dei, purché con uno status ridotto.
La maggior parte dei contatti tra le classi superiori e quelle inferiori era di carattere religioso e consisteva in complicate cerimonie che talvolta duravano dall'alba al tramonto.

Medicina

Gli Inca fecero molte scoperte in campo medico. Praticavano con successo la trapanazione del cranio. Le foglie di coca erano usate per attenuare la fame e il dolore. I Chasqui (messaggeri) mangiavano foglie di coca per un supplemento di energia per trasportare, nelle loro azioni come corridori, i messaggi attraverso l'impero. Recenti ricerche di Sewbalak e Van Der Wijk, studiosi dell'Erasmus University and Medical Center, hanno dimostrato che, contrariamente alle credenze popolari, gli Inca non erano dipendenti dalla coca.
Un altro rimedio usato consisteva nel prendere un pezzo di corteccia da un albero di pepe, bollirla, e metterla sopra una ferita mentre era ancora calda. I medici Inca spesso prescrivevano l'urina per calmare la febbre, mentre in altre situazioni ricorrevano al salasso. I loro chirurghi erano in grado di amputare un arto, grazie a bisturi realizzati in ossidiana.
Pratiche di sepoltura
Gli Inca credevano nella reincarnazione. Coloro che obbedivano al codice morale inca, ovvero ama suwa, ama llulla, ama qhilla (non essere né ladrone, né bugiardo, né fannullone) andavano a vivere nel caldo regno del dio Sole. Gli altri erano costretti a trascorrere in eterno i loro giorni nella fredda terra.
Gli Inca inoltre praticavano la mummificazione dei loro personaggi più illustri. Le mummie venivano dotate di un grande assortimento di oggetti che sarebbero stati utili al momento del raggiungimento della destinazione finale, chiamata pacarina. Una volta raggiunta la pacarina, le mummie (o mallqui) avrebbero potuto conversare con i loro antichi antenati, gli huacas. Le mummie venivano anche usate in vari rituali o celebrazioni. Generalmente il corpo del defunto, sistemato in posizione fetale e legato, veniva avvolto in una stoffa di cotone e fatto sedere con la schiena eretta.

Altre pratiche

Gli Inca praticavano la deformazione del cranio stringendo intorno alla testa dei neonati delle fasce di tessuto al fine di alterare il loro cranio ancora morbido. Queste deformazioni non causavano danni al cervello. Ricerche del Field Museum spiegano che la pratica era usata per marcare le differenze di etnia all'interno dell'Impero Inca.

Cibo e coltivazioni

Si stima che gli Inca coltivassero circa settanta specie di prodotti agricoli. I principali erano: patate, patate dolci, mais, peperoncini, cotone, pomodori, arachidi, una radice commestibile chiamata oca, e un cereale conosciuto con il nome di quinoa.
Gli Inca coltivavano prodotti agricoli sulle coste più secche del Pacifico, in alto sugli altopiani delle Ande, e in basso nella Foresta Amazzonica. Nell'ambiente montagnoso andino, essi fecero un uso estensivo dei campi terrazzati che non solo permettevano loro di sfruttare il suolo montano ricco di minerali quando le altre popolazioni dovevano lasciarlo a riposo, ma sfruttavano anche i microclimi favorevoli alla coltivazione di una grande varietà di prodotti agricoli durante tutto l'anno. Gli attrezzi agricoli erano costituiti per la maggior parte da semplici bastoni per scavare.
Gli Inca inoltre allevavano i lama e gli alpaca per la loro lana e la loro carne e per usarli come animali da trasporto, e catturavano le vigogne selvatiche per il loro ottimo pelo.
Il sistema stradale Inca era una delle chiavi del successo dell'agricoltura in quanto permetteva la distribuzione delle derrate alimentari su lunghe distanze. Gli Inca costruirono anche grandi depositi, che permettevano loro di vivere agiatamente anche durante gli anni in cui imperversava El Niño mentre le civiltà vicine pativano i morsi della fame.
I governanti inca registravano cosa produceva ogni singolo ayllu nell'impero, ma non ponevano tasse sulle loro produzioni. Essi invece usavano la mita per il supporto dell'Impero.
La dieta inca consisteva in primo luogo di pesci e vegetali, accompagnati meno frequentemente dalla carne di porcellino d'India e dei camelidi. Inoltre essi cacciavano molti animali per la carne, la pelle e le piume. Il mais era anche usato per produrre la chicha, una bevanda fermentata.
L' Impero Inca (Tawantinsuyu in lingua Aymara e Quechua moderne, o Tahuantinsuyu in antica lingua Quechua) è stato il più vasto impero precolombiano del continente americano. La sua esistenza va dal XIII secolo fino al XVI secolo e la sua capitale fu Cusco, nell'attuale Perù.
È stato la culla della civiltà inca, uno dei maggiori popoli nativi americani. Unificò, conquistando o annettendo pacificamente, la maggior parte dei territori occidentali dell'America del Sud. Ad ogni popolo conquistato venivano imposti l'idioma e la religione dell'Impero. A loro volta, gli incas si arricchivano della cultura dei popoli annessi.

Etimologia

Il significato di tawantin suyu in quechua è tradotto come "terra fra le quattro regioni" o "terra dei quattro angoli". L'impero comprendeva infatti quattro provincie (suyu) i cui angoli si incontravano a Cusco (nell'attuale Perù), la capitale dell'impero.
Il nome Impero Inca, dato dai colonizzatori, deriva dalla parola quechua Inca (capo del Tawantinsuyu, imperatore). Nonostante ciò, la parola Inca è utilizzata universalmente per indicare il popolo o la cultura di quell'impero o è usata come aggettivo per fare riferimento a oggetti, tradizioni, credenze religiose di quel popolo.

Lingua

La lingua ufficiale dell'impero era il quechua (o runa simi), parlato in tutto il Tawantinsuyu. Venivano parlate, come dialetti, anche le lingue originarie dei vari popoli annessi.
La nobiltà parlava, come lingua segreta, il puquina chiamato anche incasimi in quanto idioma originario dell'omonima etnia. Più tardi, a questa lingua, si attribuirono origini divine in quanto si credeva che la famiglia reale avesse discendenze divine.

Territorio

Divisione amministrativa

L'Impero era organizzato in quattro grandi provincie (suyu) che formavano insieme il Tawantinsuyu. Ogni suyu era governato da un suyuyuq, il quale faceva parte del Consiglio dell'Impero. I suyu erano divisi in due gruppi a seconda dell'altitudine: alto e basso.
Il gruppo Hanan (alto) era costituito da:
Chinchay suyu (provincia del nord) - lungo la costa dell'attuale Ecuador e della maggior parte della costa dell'attuale Perù,
Qullasuyu (la provincia del sud) - l'attuale Cile (ad esclusione della parte meridionale), ovest dell'attuale Argentina, nord-est dell'attuale Bolivia e una piccola parte sud-ovest dell'attuale Perù.
Il gruppo Urin (basso) era costituto da
Antisuyu (provincia dell'est) - parte degli attuali stati di Ecuador, Bolivia e Perù, delimitata dalla foresta amazzonica
Quntisuyu (provincia del ovest) - piccola regione a sud-ovest dell'attuale Perù, tra le città di Arequipa, Moquegua e Tacna.
Ogni suyu, a sua volta, si suddivideva in huamani e questi in saya. Ogni saya includeva un numero determinato di ayllu.

Estensione

L'Impero Incaico comprendeva, al momento della massima espansione (verso il 1532), una parte significativa degli attuali stati sudamericani di Colombia, Ecuador, Perù, Bolivia, Cile e Argentina. Si parla di un territorio di oltre 2 milioni Km², lungo quasi 9.000 Km. lungo la costa. Questa estensione era attribuita agli Inca Pachacútec e Túpac Yupanqui.
I confini dell'impero, attorno a questa epoca, erano:
Nord: rio Ancasmayo, a nord dell'attuale città di Pasto (Colombia).
Nord-est: foresta amazzonica tra gli attuali Perù e Bolivia (i confini erano diventati poco delineati causa sporadici spostamenti verso la foresta).
Sud-est: le Ande costituirono un confine naturale. Anti, come era chiamata la catena il quechua, veniva occasionalmente superato: sembra infatti che il Chaco (o Chakku che in quechua significa territorio di caccia), regione pianeggiante a est delle Ande, fosse oggetto di incursioni occasionali, nonostante sembra non possedessero nessun controllo effettivo.
Sud: esistono prove che l'Impero si estendesse fino al rio Biobío (attuale regione VIII del Cile). Probabilmente il freddo rigido dell'inverno australe, ha fatto sì che gli Inca lasciassero le terre oltre questo fiume agli aruanachi, originari di queste zone. Questi furono comunque limitati in questa regione da quando l'Impero conquistò la loro posizione originale, nei pressi dell'attuale città di Santiago del Cile.
Ovest: l'Oceano Pacifico. Gli Inca non sono stati particolarmente famosi per la loro forza navale, comunque sono state trovate evidenze di relazioni commerciali con i popoli polinesiani.

Politica

La forma di governo era una monarchia teocratica. La formazione dell'Impero era basata sul criterio di territorialità. L'obiettivo era, in breve, quello di unificare le quattro grandi parti del mondo conosciuto (vedi etimologia del Tawantinsuyu) con Cusco, la capitale (chiamata ombelico del mondo).
Inca (imperatore)
L'apellativo Inca era dato all'imperatore del Tawantinsuyu. A questi, a cui veniva attribuita un'origine divina, veniva infatti associato il titolo di Sapa (unico) e di Apu (divino).

Copaccuna

La copaccuna (deriva da inka qhapaqkuna, i poderosi tra gli uomini) era la lista ufficiale dei Sapa Inca e contava 12 nomi raggruppati in due dinastie: Urin Qusqu (Basso Cusco) e Hanan Qusqu (Alto Cusco). Secondo alcune teorie, il numero totale era maggiore, ma alcuni furono eliminati da questa lista ufficiale per vari motivi.
Tra gli imperatori Inca è normalmente incluso Atahualpa, figlio minore di Huayna Cápac. Egli governò de facto l'Impero tra il 1532 e 1533, ma non viene citato nella capaccuna poiché non indossò mai la mascaipacha (corona imperiale); pertanto, risulta improprio considerarlo un imperatore.
Le panaca erano le famiglie imperiali ed erano dirette da uno dei figli del sovrano ad eccezione dell'erede al trono. A memoria dell'Inca defunto si occupavano della conservazine della mummia e di trasmettere alle generazioni future, l'uso del quipu e le arti (in particolare musica e pittura).

Il consiglio imperiale

Si tratta del massimo organismo consigliare nei confronti dell'Inca. Era formato da otto persone:
Suyuyuq - Governatori dei suyu (4 in totale).
Auqui - Principe ereditiero. Questa figura fu istituita da Pachacútec.
Huillaq Uma - Supremo sacerdote.
Un Amauta - Si trattava di maestri e appartenenti alla nobiltà.
Apusquipay - Generale dell'esercito imperiale.

Storia

Origine dell’Impero
Ci sono due leggende legate all'origine dell'Impero.
In una, Tici Viracocha della Collina delle Finestre a Pacaritambo, spedì i suoi quattro figli (noti come fratelli Ayar) per costruire un villaggio. Questi erano accompagnati da quattro sorelle. La leggenda narra che fu Sinchi Roca, nato da Ayar Manco (uno dei fratelli) e Mama Ocllo, la sua sposa, a raggiungere la valle di Cusco dove fondarono il loro villaggio. Lì, Ayar Manco divenne il loro capo e rimase famoso come Manco Cápac, il primo Inca.
Nell'altra leggenda, Manco Cápac e Mama Ocllo uscirono dal Lago Titicaca come coppia di dei e si diressero al nord per cercare la valle "scelta". Arrivando sulla montagna vicino a quella che un giorno sarebbe diventata Cusco, il bastone magico in possesso di Manco Cápac, cadde al suolo. Era il segnale sperato. Lì fondarono il loro villaggio-stato.

Dopo la conquista spagnola

Dopo la caduta del Tawantantansuyu, i conquistadores repressero le tradizioni e la cultura del popolo Inca. Gli spagnoli, facili all'omicidio, obbligavano inoltre un membro di ogni famiglia a lavorare nelle miniere di Potosì (Bolivia). Quando questi moriva (normalmente entro uno o due anni) la famiglia di appartenenza doveva sostituirlo. Sicché molti aspetti storico-culturali fondamentali sono andati persi, e di altri (tra cui l'uso dei khipu, il sistema di acquedotti e una parte significativa del simbolismo religioso) poco ancora ci è noto.
A seguito della repressione, vi furono alcuni episodi di ribellione. Uno dei più significativi fu quello messo in opera da Túpac Amaru II (1738-1781) nel 1781, finito con l'uccisione di questi per squartamento.

L'esplorazione del Nuovo Mondo

Nel 1493 il re Ferdinando d'Aragona ottenne dal papa Alessandro VI (1492-1503) una bolla pontificia, la Inter coetera, che sanciva il possesso della Castiglia di tutte le terre scoperte e cristianizzate al di là di una linea teorica che si trovava a circa cento miglia marine dalle isole Azzorre e Capo Verde.
Nel 1494, però, i sovrani di Spagna dovettero accordarsi con il re del Portogallo Giovanni II con il trattato di Tordesillas che spostava la linea di demarcazione fra le rispettive aree di influenza ancora più ad Occidente per altre ottocento miglia marine.

Altri esploratori

Dopo Colombo e Vespucci, altri esploratori inviati dalla corona spagnola ampliarono la conoscenza del Nuovo Mondo:
Vicente Pinzón (risalì la foce del Rio delle Amazzoni)
Juan Diaz de Solís (raggiunse nel 1506 la penisola dello Yucatán in Messico e nel 1516 l'estuario del Rio della Plata)
Vasco Nuñez de Balboa (attraversò l'istmo di Panama e arrivò nel Pacifico)
Juan Ponce de León (nel 1515 toccò le coste della Florida)
Francisco de Orellana (nel 1541 partì da Quito e arrivò sul Rio delle Amazzoni che discese fino alla fine)

Il Brasile diventa portoghese

Anche i portoghesi effettuarono diversi viaggi di esplorazione entro i limiti indicati dal trattato di Tordesillas. Nel 1500 il comandante Pedro Álvares Cabral con la sua flotta di tredici navi giunse alle coste dell'attuale Brasile ma non vi trovò grandi elementi di attrattiva: l'unico prodotto di un certo valore commerciale era il legno presente nella zona, chiamato Brazil.
America centromeridionale
Inizialmente l'opera di colonizzazione da parte degli occidentali si concentrò nel centro e sud America. Questi territori furono ben presto mete di avventurieri europei alla ricerca di oro o di facili occasioni di arricchimento, attraverso il deliberato furto e l'asservimento delle popolazioni indigene. Visto però che i caraibici si adattavano male al lavoro servile delle miniere e delle piantagioni morendo in gran numero, il sovrano Ferdinando il Cattolico a partire dal 1510 autorizzò la tratta di schiavi neri dall'Africa.

I Conquistadores

Il termine spagnolo Conquistadores (trad. it. Conquistatori) è comunemente usato per riferirsi ai soldati, agli esploratori ed agli avventurieri che portarono gran parte delle Americhe sotto il dominio coloniale spagnolo tra il XV e il XVII secolo.

Scenario

I capi delle spedizioni militari spagnole nel Nuovo Mondo si definivano conquistadores, un termine che riecheggia la reconquista, ovvero la guerra effettuata dagli spagnoli contro i musulmani (i cosiddetti Mori) per riconquistare l'Andalusia, l'ultimo lembo di Spagna ancora occupata. Le ostilità si conclusero nel 1492 con la caduta di Granada.
I conquistadores infatti invocavano il nome di Santiago Matamoros ("San Giacomo l'uccisore di mori") prima di scagliarsi in battaglia contro i nativi americani. Molti conquistadores, al pari di quello che avevano fatto con i Mori, consideravano i nativi americani senza diritti per il fatto che essi erano "pagani", cioè non ancora convertiti al cattolicesimo. Per compiere ciò vennero istituite le missioni cristiane in America, fin dalla prima metà del '500 che si ponevano principalmente l'obbiettivo dell' etnocidio nel migliore dei casi, cioè vale a dire nel caso in cui le popolazioni si mostrassero docili e predisposte alla colonizzazione, e nel caso in cui non accettassero di essere occidentalizzate, cristianizzate, e sottomesse, si passava, con l'ausilio della corona spagnola, al genocidio. L'unica voce che temporaneamente si oppose fu quella portoghese, ma solo per motivi economici, in quanto avanzava dei diritti di conquista su quelle zone. La controversia fu sanata da Papa Alessandro VI nel Trattato di Tordesillas del 1494, nel quale le nuove terre furono assegnate alle due potenze sulla base della loro posizione geografica, a seconda cioè che si trovassero ad est o ad ovest del meridiano che passa a 1.770 km al largo delle Isole di Capo Verde.
La maggior parte dei conquistadores erano poveri, inclusi alcuni nobili (hidalgos) in cerca di fortuna, le cui prospettive erano limitate in Europa visto che le crociate si erano ormai concluse e il senso ispanico dell'onore proibiva ai nobili i lavori manuali.
Alcuni inoltre erano stati costretti alla fuga dalla repressione religiosa attuata dall'Inquisizione spagnola.

Storia

Nei primi decenni del 1500, gli Europei scoprirono i popoli indigeni delle Americhe che erano organizzati in Mesoamerica) o in bande e tribù sparse in vasti territori (come in Argentina e in Nordamerica). Le vicende che scaturirono dall'incontro e dallo scontro di queste civiltà con gli spagnoli, indipendentemente dalle presunte buone intenzioni di entrambi, sono passate alla storia come la conquista dell'America. Lo scopo principale della Spagna era occupare ed evangelizzare i nuovi territori e portare i nativi nell'alveo della cristianità e sotto il governo dei re cattolici.
Subito dopo la cosiddetta scoperta del 1492 si evidenziarono i primi contrasti e le incomprensioni tra le parti. Il movimento di scoperta era portato avanti sul fronte dell'occupazione da bande di esploratori-soldati (conquistadores) e sul fronte dell'evangelizzazione soprattutto da parte dell'ordine dei Domenicani. I primi erano soldati e avventurieri allettati soprattutto dalla prospettiva di acquisire terre e ricchezze facilmente. Lo scontro di questi ultimi con le civiltà native più organizzate portò alle campagne di conquista.
È da notare che queste campagne furono, almeno all'inizio, iniziative personali di singoli conquistadores e delle loro bande, ma portarono a risultati assolutamente imprevedibili e alla caduta di civiltà potenti e organizzate.

La superiorità tecnologica dei conquistadores

Militarmente i conquistadores possedevano un notevole vantaggio tecnologico sui nativi grazie alle armi da fuoco e di acciaio; di contro però i popoli indigeni avevano una superiorità numerica fino a 100 volte il numero dei soldati spagnoli. Nonostante che molte popolazioni native conoscessero metodi per fondere i metalli (ad ex. l'oro), questa conoscenza fu applicata principalmente nell'elaborazione di oggetti ornamentali e utensili: solo gli Inca crearono armi di rame, ma queste non possedevano il taglio letale del ferro e dell'acciaio. Gli elmi di ferro erano una difesa eccezionale contro le pietre lanciate con gran forza, e dettero un vantaggio decisivo ai conquistadores in Perù. Benché gli archibugi e le altre armi da fuoco causassero grande spavento, tuttavia erano di dimensioni limitate e molto lente da ricaricare; le spade di acciaio e di ferro, i coltelli e le armature invece si dimostrarono molto più utili militarmente. Dopo la vittoria, gli spagnoli decisero di mantenere le armi fatte di ferro fuori dalla portata degli indigeni.
Gli animali rappresentarono un secondo e importante vantaggio tecnologico. I cavalli permisero ai conquistadores di circondare le città peruviane e di lanciare rapidi attacchi per ottenere cibi e vivande che difficilmente sarebbero state repirite in altre maniere. I cani furono usati per rastrellare e attaccare gli uomini nascosti nelle foreste.

Francisco Pizarro

Un altro importante fattore per la vittoria dei conquistadores fu la diffusione di nuove malattie e infezioni contro le quali i nativi non possedevano le difese immunitarie adatte, cosa che causò una debilitazione generale dello schieramento autoctono in un momento decisivo e produsse un gran disorientamento causato dalla difficoltà dei nativi nel rimpiazzare i capi nel campo di battaglia. Tuttavia anche gli spagnoli furono decimati dalle temibili malattie tropicali a cui non erano abituati.
Il modo di fare guerra degli spagnoli, come della maggior parte degli europei, era più cruenta e coinvolgeva un numero maggiore di guerrieri rispetto a quanto erano abituati i nativi. Le armi di ferro e di acciaio producevano un maggiore spargimento di sangue delle frecce avvelenate. Inoltre i nativi non erano soliti uccidere i nemici sul campo di battaglia, piuttosto li catturavano e li mantenevano in vita per poi sacrificarli in occasioni cerimoniali. Per questi fatti le pratiche guerresche europee sembrarono più brutali rispetto a quelle indigene.
I conquistadores più famosi furono Hernán Cortés e Francisco Pizarro per le loro vittorie contro gli imperi del Messico e del Perú. Entrambi erano a capo di un numero piuttosto esiguo di truppe però riuscirono intelligentemente a manipolare le gelosie e le rivalità degli eserciti indigeni e ad aumentare le proprie forze mediante numerose alleanze.

Dibattito sui presunti maltrattamenti ai nativi

Il dibattito sulla moralità della conquista risale sino al XVI secolo. Il frate domenicano Bartolomeo de Las Casas difese i nativi americani contro gli abusi dei conquistadores. La sua opera Brevísima relación de la destrucción de las Indias (Brevissima relazione della distruzione delle Indie) ebbe come conseguenza nel 1542 la promulgazione delle Leyes Nuevas (le leggi nuove) in cui si cercava di difendere i diritti dei primi abitanti del Nuovo Mondo.
Tutti gli eventi che sono successi dalla meravigliosa scoperta dell'America sono stati così straordinari da sembrare incredibili a chi non li avesse vissuti in prima persona. In realtà sembrano offuscarsi tutte le azioni delle persone famose del passato, non importa quali gesti eroici abbiano compiuto, e passano sotto silenzio tutte le cose raccontate delle altre meraviglie del mondo. - Bartolomeo de Las Casas
Nel 1615, Felipe Guaman Poma de Ayala inviò una relazione di 1200 pagine, intitolata Primer nueva corónica y buen gobierno, al re di Spagna Filippo II. Guaman Poma era un membro dell'antica nobiltà incaica che si rammaricava negli anni della sua vecchiaia di aver aiutato i conquistadores e desiderava informare il re di tutti i problemi che erano sorti. La sua cronaca conteneva la storia dell'Impero Inca, della sua conquista e dei maltrattamenti subiti dagli indigeni. Il libro però andò perduto fino al 1908, quando ricomparve nella libreria privata della Casa reale di Danimarca.
Alcuni storici moderni sostengono che i racconti del comportamento dei conquistadores spagnoli furono uno strumento che le potenze europee rivali della Spagna utilizzarono per creare lo stereotipo della ferocia degli spagnoli, conosciuto come la leggenda nera spagnola.
I primi tentativi di diffondere la nozione di diritti umani furono realizzati in conseguenza della diffusione degli effetti della conquista nelle popolazioni native. Nell'estate del 1550, a Valladolid, queste tematiche furono discusse durante il consiglio del re. Il famoso umanista e filosofo aristotelico Juan Ginés de Sepúlveda considerava quella della Spagna una missione Aristotele, definendoli: barbari inumani che pensavano che l'offerta più grande che potevano fare a Dio fosse un cuore umano. Persone le cui magnifiche arti, sculture, costruzioni non erano prova della loro civiltà perché anche le api e i ragni costruiscono opere che gli uomini non possono neppure imitare.
Il frate domenicano difensore dei diritti indigeni, Bartolemeo de Las Casas, portò al consiglio un'ampia documentazione consistente in un reportage di prima mano, che si rivelò una delle più convincenti condanne della crudeltà umana. La sua eloquente difesa dei nativi terminava con un appello alle coscienze: Tutti sono umani! Al re di Spagna non restò altro rimedio che fermare la conquista finché queste accuse non fossero state approfondite.
Sul letto di morte, Mansio Serra de Leguizamón, uno dei conquistadores del Perú, espresse profondo rincrescimento per l'ingiusta distruzione della società inca: Dico queste cose ora per motivi di coscienza, visto che sono l'ultimo conquistador che muore. Altri spagnoli, come Bernardino de Sahagún, che si innamorò della cultura Nahuatl (Azteca), e anche tra i conquistadores, Bernal Díaz che combatté con Cortés, si commossero profondamente per la sorte tragica degli abitanti del Messico e paragonarono questa distruzione alla guerra di Troia.